Clima, in aumento le aziende che applicano le metriche Sbti
Cambia lo scenario, cambia l’approccio. Attenzione, però, a leggere la transizione sostenibile in chiave di rallentamento o, peggio, di disimpegno. I numeri raccontano una storia diversa: secondo i dati aggiornati della Science Based Targets initiative (Sbti), il numero di imprese mondiali che ha definito target climatici allineati agli obiettivi dell’Accordo di Parigi è in costante crescita. Prima dell’elezione del presidente Trump, lo scorso novembre, le aziende iscritte erano circa 9.400, salite a più di 11.000 a luglio 2025 nonostante il cambio di rotta dell’amministrazione statunitense sui temi legati alla sostenibilità.
«Anche gli investimenti Esg sono in crescita, gli asset under management registrano un incremento – commenta Francesco Perrini, presidente di Clearwater Italia e associate dean for sustainability di Sda Bocconi –. Inoltre, nel corso delle assemblee di grandi società Usa, come Apple o Levis, oltre il 99% degli azionisti ha votato per mantenere le policy relative all’inclusione. La sostenibilità non è più narrativa, ma leadership concreta. I dati e le metriche di misurazione degli impatti diventano le priorità».
La normativa detta i tempi del cambiamento
Nonostante questo, il clima intorno alla sostenibilità aziendale è cambiato. Negli Stati Uniti, la Sec ha sospeso temporaneamente l’applicazione delle nuove regole sulla disclosure climatica, in attesa dei pronunciamenti della Corte Suprema. In Europa, la direttiva Omnibus mira a innalzare da 250 a 1.000 dipendenti la soglia di applicazione della Csrd – Corporate sustainability reporting directive, escludendo migliaia di imprese dagli obblighi di rendicontazione.
Diversa la situazione in Oriente, dove Cina, India e Singapore accelerano sul fronte della sostenibilità, imponendo maggiore disclosure e integrazione dei rischi ambientali e sociali nei bilanci aziendali. «La Cina, ad aprile, registrava il 51% di produzione elettrica proveniente da fonti rinnovabili – spiega Perrini – e ha approvato tre normative relative alla transizione green di imprese e investimenti. Questi Paesi stanno innovando e accelerando anche su questo fronte, a differenza di quanto accade nel Vecchio Continente e negli Stati Uniti. A spingerli è la volontà di restare competitivi sui mercati internazionali, in particolare quello europeo. La direttiva Omnibus, invece, fa un salto indietro di ben due legislature, favorendo le grandi catene internazionali, a scapito delle filiere locali».
Nuove priorità per le imprese
Cresce, però, tra le imprese la visione della sostenibilità come scelta strategica e competitiva. È quanto emerge dall’analisi dei bilanci, con una riduzione dei costi e un aumento della marginalità a fronte di investimenti Esg. Questo porta sempre più aziende a considerare questo asset come elemento indispensabile per la leadership.
Fonte: Il Sole 24 Ore