Clone o fondo, il gestore deve comunque battere il mercato
La vera domanda è: perché un risparmiatore dovrebbe scegliere un fondo comune al posto di un Etf attivo? Non c’è una risposta univoca, ma diversi elementi da tenere in considerazione. Fermo restando che entrambi sono strumenti di investimento collettivo, ecco le peculiarità da considerare.
Le differenze
«Gli elementi distintivi – spiega Mauro Panebianco, partner di PwC Awm Emea Advisory Leader – sono in termini di rendimento e costi, accessibilità, trasparenza, liquidità e fiscalità, fattori che rendono gli Etf attivi una soluzione sempre più interessante per gestori e investitori perché offrono la possibilità di generare alpha rispetto al benchmark grazie alle scelte discrezionali del gestore, mantenendo una struttura di costi più contenuta e minori oneri di sottoscrizione anticipata rispetto ai fondi».
Il meccanismo
È possibile acquistare anche solo una quota, sono negoziabili in Borsa e quindi possono essere comprati e venduti in tempo reale. Per contro, il fondo comune ha il vantaggio di non “tentare” l’investitore a fare trading con il proprio fondo soprattutto nelle fasi critiche del mercato e quindi di delegare in toto la gestione del prodotto, aspetto non trascurabile per il risparmiatore poco avvezzo a smanettare sulle piattaforme online. Ma c’è un aspetto critico da tenere presente.
La strategia
«Non stiamo parlando di prodotti attivi discrezionali – aggiunge Marcello Rubiu, amministratore unico di Norisk – ma molto spesso applicano degli algoritmi che offrono l’illusione di battere il mercato». Panebianco sottolinea che la gestione attiva del portafoglio sottostante richiede le stesse capacità specialistiche di un fondo tradizionale: «Il gestore deve comunque battere il mercato -spiega -, controllare i rischi e mantenere coerenza con la strategia».
Le Sgr
Le Sgr tradizionali stanno accelerando il loro ingresso nel mercato degli Etf attivi, seguendo un trend già consolidato negli Usa. Li utilizzano sia nelle gestioni sia nelle unit linked. «Per competere con i grandi player internazionali, molte società stanno adottando strategie mirate – prosegue Panebianco – come la conversione di fondi comuni in Etf attivi, per sfruttare i vantaggi competitivi e rispondere alla crescente domanda o l’utilizzo di piattaforme white label per semplificare l’accesso al mercato. Nel complesso, il trend va verso una maggiore specializzazione su Etf tematici, integranti criteri di sostenibilità e attivi, segno di un’evoluzione strutturale che integra sempre più la gestione attiva con l’efficienza e la trasparenza del formato Etf, sfruttando uno strumento più semplice rispetto ai fondi tradizionali, favorendo sinergie industriali e una riduzione dei costi operativi».
Fonte: Il Sole 24 Ore