Come potrebbero essere riviste le regole europee del debito

Al Forum Ambrosetti di Cernobbio, il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni ha parlato di «aggiornamento necessario», con riferimento all’istruttoria in corso per la revisione delle regole del Patto di stabilità, sospese fino alla fine del 2022. Con quali prospettive concrete, e verso quale soluzione ci si orienterà? Al momento, di certo vi è solo la constatazione che la disciplina di bilancio europea non potrà, al termine del triennio di sospensione, riproporsi con lo stesso set di regole in vigore prima dell’esplodere della pandemia. Da tempo si discute a livello tecnico a Bruxelles sui reali margini di intervento, considerato che al momento la revisione dei Trattati non è un’opzione percorribile. Occorrerebbe l’unanimità dei 27 paesi europei per rivedere il tetto massimo del 60% per il debito e del 3% per il deficit, e le modifiche dovrebbero poi essere sottoposte alla ratifica dei singoli parlamenti nazionali. Non resta allora che individuare le modifiche possibili, in costanza dei trattati per adeguare il set di regole europee al mutato scenario del dopo Covid.

Le ipotesi in campo

A livello tecnico, l’istruttoria per la revisione delle regole del Patto di stabilità prese avvio già in occasione del Consiglio Ecofin informale che si tenne ad Amsterdam nell’aprile del 2016. La premessa era (ed è) che parametri come il saldo strutturale (corretto per effetto delle variazioni del ciclo economico e delle una tantum) hanno mostrato limiti evidenti. Poco manovrabili, eccessivamente rigidi e meccanici al pari del calcolo del Pil potenziale (il cosiddetto output gap), oggetto di non poche controversie. Fino all’esplodere della pandemia, era proprio il combinato di questi due parametri a determinare le richieste di aggiustamento dei conti pubblici, con annesse le annose diatribe (che hanno investito a più riprese il nostro paese) sui tempi richiesti per la correzione e sull’attivazione della relativa procedura di infrazione.

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Parametro meno rigido allo studio

Si è cominciato a ragionare su un parametro meno rigido, basato sull’andamento della spesa corrente primaria proiettato su un arco temporale pluriennale. L’istruttoria in sede tecnica non si è però tradotta in una proposta organica in grado di ottenere il consenso dei diversi governi, soprattutto per le riserve espresse dai paesi nordici, tradizionalmente più rigoristi sul versante del rispetto delle regole di bilancio. La pandemia ha infranto il tabù e con una decisione senza precedenti la Commissione europea ha disposto fin dalla primavera del 2020 la sospensione dei vincoli su debito e deficit.

Dossier nelle mani della Commissione Ue

Ora si tratta di riprendere in mano il dossier e spetterà alla Commissione istruire la “pratica” per affidarla al vaglio dei governi. Va individuata una soluzione che dal punto di vista tecnico-giuridico sia inattaccabile, considerato il sovrapporsi di vincoli che nel periodo successivo alla crisi finanziaria del 2008-2009 ha prodotto in rapida successione il Fiscal Compact, il Six Pack e il Two Pack, con il chiaro intento di rendere ancor più rigido e stringente il rispetto dei parametri fissati nel Patto di stabilità, che ripropongono a loro volta tetti all’incremento del debito e del deficit definiti nel 1992 con il Trattato di Maastricht. La realtà ora è quella sintetizzata da Gentiloni: il 60% era la media dei debiti pubblici fotografata all’inizio degli anni Novanta, mentre ora siamo al 100%, con paesi come l’Italia che stanno per raggiungere la cifra record del 160% del Pil.

Il nuovo parametro sulla spesa e il percorso di rientro

Si può intervenire allora su due fronti: con un parametro meno rigido e più flessibile basato appunto non più sull’andamento del deficit strutturale ma sulla spesa corrente primaria nell’arco di un triennio, e con una diversa (e più credibile) scansione temporale per il percorso di rientro dal debito. Non più dunque il tragitto previsto dalle attuali regole verso l’obiettivo di medio termine (Omt), che imporrebbe di ridurre la parte di debito che ecceda il 60% del Pil di un ventesimo all’anno in media negli ultimi tre anni (ipotesi oggettivamente ormai totalmente impercorribile), quanto un aggiornamento del percorso di rientro verso un tetto oggettivamente più realistico (ad esempio il 100% del pil che rappresenta al momento appunto la media dei debiti pubblici a livello europeo). Il tutto andrebbe declinato alla luce del programma di riforme e investimenti previsto dai Piani nazionali per accedere ai fondi del Next Generation EU.

Fonte: Il Sole 24 Ore