come proteggersi dai prodotti vegetali crudi
«In tempi di climate change, di scarsità d’acqua e di riuso a fine agricolo delle acque di depurazione, il tema del rischio microbiologico per prodotti vegetali consumati crudi è emergente e va affrontato».
A parlare con il Sole 24 Ore e Ugo Della Marta, direttore generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del ministero della Salute. La circolare del 30 ottobre 2024 che – a seguito del report Ecdc-Efsa, secondo cui ci sarebbe un nesso tra centinaia di casi di salmonella in Europa e i pomodorini siciliani – invitava Asl, assessorati regionali, associazioni agricole e di consumatori a veicolari messaggi di “buone pratiche di manipolazione casalinga” (ovvero lavaggi accurati) per i prodotti consumati crudi, reca la sua firma. Nella stessa circolare si chiedeva alla grande distribuzione di separare in maniera molto netta sugli scaffali i prodotti prima gamma (confezionati tal quali, senza processi di trasformazione o lavaggio), da quelli quarta gamma (come le insalate in busta che vengono confezionate già lavate) e di sollecitarne anche in questo caso lavaggi accurati.
«Dopo le prime segnalazioni dell’Ecdc abbiamo riunito un tavolo con gli istituti zooprofilattici, i laboratori di referenza e soprattutto con il ministero dell’Agricoltura, proprio per focalizzarci sull’aspetto della gestione di questi prodotti prima gamma», dice. «Ma visto che parliamo di sicurezza, allora è bene includerci anche la quarta gamma».
I fatti, d’altronde, parlano chiaro: a partire dal focolaio epidemico di infezione da Escherichia coli produttore di shigatossina, che si è verificato nel 2011 in alcuni Paesi dell’Unione Europea a causa del consumo di insalata di germogli contaminata, passando al caso dei minestroni surgelati consumati impropriamente tal-quali e dai quali sono scaturiti numerosi casi di listeriosi, fino ai casi di salmonellosi da consumo di insalate prima gamma (rucola e spinaci in foglie), fino ad arrivare ai sospetti sui pomodorini a grappolo siciliani per i casi da Salmonella stratchona.
«Se un tempo alcune gamme di prodotti vegetali venivano considerati a basso rischio microbiologico, oggi tali valutazioni vanno riviste», commenta Della Marta.
Fonte: Il Sole 24 Ore