
come trasformare distrazione in creatività
Tendo ad essere restio alle “regole”, che non funzionano in tempi complessi, però talvolta possono avere almeno un ruolo ispirazionale, e anche qualche motivo di divertimento. Vi racconto l’ultima che ho letto sul tema: come recuperare la concentrazione? Regola 1: eliminare le distrazioni. Geniale.
Eccone invece un altro paio che ho trovato più sensate e intriganti, prese da un libro di Johann Hari, che si intitola proprio “L’attenzione rubata”. È un testo molto ampio, e trattando di social, di algoritmi ma anche di qualità del sonno, alimentazione e altro, è difficile essere d’accordo su tutto. Ma tra i “sei grandi cambiamenti” che l’autore ha provato ad introdurre nella sua vita per arginare il problema, vi cito “usare l’impegno preventivo per smettere di cambiare attività così spesso”. Seguono stratagemmi, compreso chiudere lo smartphone in apposita cassetta di sicurezza a tempo. A me è balzato all’occhio che è un suggerimento in cui il time management, uscito dalla porta, rientra dalla finestra: si chiamano pianificazione e programmazione: decidere quanto tempo dedicheremo a fare una cosa, destinarlo in agenda e difenderlo ad ogni costo.
E poi un altro: a parte il mind-wandering (vagare con la mente, già citato, senza il quale “ci risulta più difficile capire il mondo”) direi soprattutto smettere di vergognarsi, sentirsi in colpa e rimproverarsi per la pigrizia e la distrazione; dirigere invece quella energia, seguendo l’ispirazione dello psicologo Mihály Csíkszentmihályi, verso la ricerca del flusso (il flow) “cosa posso fare per entrare in uno stato di flusso? Cosa potrei fare adesso che possa essere significativo per me? La ricerca dello stato di flusso è molto più efficace della vergogna autopunitiva”.
Infine, e qui torno a Burkeman, saper scegliere, consci del fatto che ormai non si tratta di saper dire no alle cose che non vogliamo fare e smettere di fare quelle, ma che probabilmente sono troppe persino quelle che vorremmo fare (o che pensiamo di volere fare). E questa sì che è davvero una decisione, nel senso etimologico del termine de-caedĕre, tagliar via.
Facile a dirsi, ma come? Anche io ho dovuto scegliere, quindi ci riflettiamo in una prossima puntata.
Fonte: Il Sole 24 Ore