
Confezioni ridotte ma stesso prezzo, slitta al 2026 l’obbligo di etichetta: ecco di cosa si tratta e perché i tempi si allungano
Si va verso un nuovo slittamento dell’obbligo di segnalare sui prodotti la cosiddetta “shrinkflation”, termine anglosassone composto verbo “shrink”, restringere, e “inflation”. Si tratta della strategia commerciale con cui vengono ridotte le dimensioni o la quantità di un prodotto, mantenendo però il prezzo invariato. La novità è prevista da un emendamento del relatore al ddl Semplificazione all’esame del Senato.
L’ultima Legge per la concorrenza aveva previsto che i produttori informassero il consumatore «dell’avvenuta riduzione della quantità, tramite l’apposizione, nel campo visivo principale della confezione di vendita o in un’etichetta adesiva, della dicitura: “Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità». A partire dal 1° aprile di quest’anno 2025, i produttori che immettono in commercio un prodotto di consumo che, pur mantenendo inalterato il precedente confezionamento, ha subito una riduzione della quantità nominale e un correlato aumento del prezzo per unità di misura, avrebbero dovuto obbligatoriamente informare i consumatori dell’avvenuta riduzione della quantità per i primi sei mesi a decorrere dalla data di immissione in commercio del prodotto interessato. La scadenza è poi slittata al primo ottobre 2025.
L’emendamento prevede ora un ulteriore rinvio a primo luglio 2026, «a seguito – si legge nella relazione – delle interlocuzioni sia con la Commissione europea che con gli stakeholder».
Il faro Ue contro Roma per le etichette anti-shrinkflation
A marzo l’Unione europea aveva bocciato le misure italiane di trasparenza. La Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per aver introdotto l’obbligo di indicare nelle etichette dei prodotti di consumo un calo della quantità a confezione invariata. Pur riconoscendo «l’importanza di informare i consumatori di tali modifiche», l’esecutivo Ue aveva ritenuto che la richiesta di dare l’informazione su ciascun prodotto non fosse proporzionato. Questi obblighi di etichettatura sono «un importante ostacolo al mercato interno e compromettono seriamente la libera circolazione delle merci», era stato spiegato.
Violata la direttiva sulla trasparenza del mercato unico
La Commissione europea aveva anche sottolineato che le autorità italiane non hanno fornito prove sufficienti sulla proporzionalità della misura. Sarebbero state possibili altre opzioni meno restrittive, come chiedere di esporre l’informazione vicino ai prodotti in vendita. Secondo Bruxelles, poi, l’Italia avrebbe violato anche la direttiva sulla trasparenza del mercato unico poiché la misura è stata adottata durante il periodo di sospensione successivo alla notifica del progetto di legge, senza considerare il parere circostanziato emesso dalla Commissione. All’Italia era stata dunque inviata una lettera di costituzione in mora, l’avvio preliminare della procedura di infrazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore