
Confindustria: i dazi abbattono l’export italiano verso gli Usa. Nel medio periodo vendite giù di 16,5 miliardi
La recente tregua tra Israele e Palestina attenua l’incertezza e il rientro del prezzo del petrolio abbassa i costi. In Italia c’è qualche segnale positivo per gli investimenti, ma nel terzo trimestre l’industria è ancora in difficoltà e i servizi continuano a crescere poco. Dazi Usa e dollaro svalutato continuano a erodere l’export, mentre il risparmio precauzionale frena i consumi. È la fotografia della situazione economica che emerge dall’analisi Congiuntura Flash del Centro studi di Confindustria.
I dazi abbattono l’export italiano verso gli Usa
Un focus è dedicato ai dazi: l’export italiano verso gli Usa è crollato ad agosto, -21,1% su agosto 2024, dopo un forte aumento nella prima parte dell’anno dovuto all’anticipo degli acquisti. Ciò ha contribuito per più di due terzi alla caduta dell’export extra Ue (-7,0% tendenziale, -1,1% sul totale mondo).
Nel medio-lungo periodo secondo il Csc i nuovi dazi potrebbero ridurre le vendite italiane negli Stati Uniti di circa 16,5 miliardi (rispetto ad uno scenario senza tariffe), pari al 2,7% dell’export totale. L’effetto maggiore è per settori come gli autoveicoli, alimentari, bevande, calzature, pelli e altre attività manifatturiere. Le perdite si amplificano se si considerano gli effetti indiretti, lungo le catene di produzione europee, del calo dell’export negli Usa degli altri paesi europei sulla domanda di input italiani. L’impatto complessivo tocca il -3,8% dell’export manifatturiero, -1,8% della produzione.
Nel lungo periodo è forte l’incentivo a rilocalizzare alcune produzioni nel mercato Usa: il rischio per l’industria europea è di perdere parti vitali del tessuto produttivo. La qualità dei prodotti Ue fa da scudo ai dazi nel breve periodo. Ma un processo di sostituzione si avvierà nel tempo, se i dazi continueranno e se la produzione Usa, più Messico e Canada sarà in grado di soddisfare la domanda. Inoltre il taglio dei tassi Fed per sostenere la crescita tende a indebolire il dollaro, alzando l’inflazione importata e ciò frena l’import Usa.
Energia: ribasso del petrolio
Per quanto riguarda l’energia, il prezzo del gas è stabile in Europa da tre mesi, 32 euro mwh a ottobre, ma resta più del doppio del 2019, 14 euro. Il petrolio è sceso a 66 dollari al barile, al livello pre pandemia (64). L’inflazione resta bassa nella Ue, +2,2% a settembre, ma le Bce resta ferma (tassi al 2% da giugno). La Fed ha ripreso i tagli, 4,25 a settembre, ed è atteso un prosieguo. Il dollaro resta svalutato sull’euro, che segna +12,7, riflettendo le peggiori attese sull’economia Usa legate ai dazi.
Fonte: Il Sole 24 Ore