cosa imparare dalla successione papale
La stabilità è un valore strategico? E come si collega questa virtù aziendale, che dovrebbe essere parte integrante del pensiero dei leader, allo stile di successione del Papato? Domande che probabilmente non sono rituali nella comune dialettica di chi si occupa di management e strategie d’impresa ma che rimangono valide anche a parecchi mesi di distanza dall’elezione di papa Leone XIV, l’americano Robert Francis Prevost, che di recente ha festeggiato il suo settantesimo compleanno. E che, dall’alto del suo ruolo di vescovo di Roma e sovrano dello Stato della Città del Vaticano, leader lo è. Eccome.
Ma non è tanto rispetto alla figura del Papa che il tema della “stabilità” va analizzato e interpretato, quanto su una delle peculiarità della Chiesa Cattolica, ovvero sia quella di essere un’istituzione con alle spalle oltre duemila anni di storia e di tradizioni, tramandate fino a oggi anche grazie alla capacità di gestire con rigore e metodo i cambi di leadership. Procedure chiare, regole di comunicazione e una fase condivisa (oltre che ufficiale) di vacanza del potere (nessun Papa viene eletto senza una maggioranza di due terzi e questa è una regola in vigore dal 1179) le hanno permesso di restare stabile anche in assenza di una guida e di garantire la necessaria chiarezza istituzionale. Il “segreto” di tale stabilità, a detta degli esperti di Hogan Assessments, che hanno studiato in chiave di management questo aspetto del suo insediamento, risiede per l’appunto in un sistema che ritualizza e riduce i rischi delle transizioni da un Papa (e quindi da un leader) all’altro ed elegge le componenti di struttura e consenso a risorse fondamentali del processo.
La successione nella leadership, nella logica del Vaticano, può dunque essere al tempo stesso simbolo di continuità e rinnovamento e tali qualità possono fare la fortuna di un Ceo e il successo di un’azienda. Peccato che, secondo la Ceo Survey 2023 di PwC, il 73% dei massimi dirigenti aziendali a livello globale si dicesse preoccupato per la continuità operativa durante le transizioni di leadership e che, secondo altri studi più recenti, solo il 30% delle aziende dispone di un piano di successione che va oltre una semplice soluzione d’emergenza, mentre solo il 46% dei membri dei consigli d’amministrazione ritiene che i processi di selezione (per il nuovo leader) siano davvero rigorosi.
Federico Frattini, Dean di Polimi Graduate School of Management, offre una lettura interessante dello stile di successione del papato identificando le “lezioni” che ne possono derivare i manager. «Tra tutti gli aspetti caratterizzanti la storia vaticana – ha spiegato al Sole24ore.com -, il cambio di leadership è quello più attuale e vicino al mondo aziendale. Si tratta di un fenomeno che si accompagna a una significativa complessità o a un drastico calo di performance. Pensiamo al cambio di mano nelle aziende familiari, quando il fondatore e proprietario in uscita da incarichi operativi crea solitamente una situazione di impasse: arrivare a gestire tre passaggi generazionali è un’impresa e solo una su dieci riesce a farlo in modo ottimale».
I problemi legati alla successione non mancano neppure nelle grandi aziende, dove la transizione da un leader a un altro porta spesso con sé turbative in fatto di assestamento. «Nel caso di un leader trasformatore e di profonda discontinuità – precisa in proposito Frattini – si ha il possibile stato di crisi e sono diverse gli studi che confermano come, al presentarsi di questa ipotesi, sia molto probabile che si verifichi il problema: il nuovo leader vuole aggrapparsi completamente al modello del predecessore, improntato alla novità, ma l’applicazione della stessa ricetta non funziona oppure vuole distinguersi troppo e si allontana in maniera eccessiva dalla legacy del precedente, fallendo».
Fonte: Il Sole 24 Ore