Così il caldo record degli oceani sta uccidendo la barriera corallina

Coralli sempre più bianchi. Il caldo degli oceani sta causando il quarto episodio di sbiancamento del reef in tutto il mondo, il secondo in dieci anni. L’allarme è stato lanciato dall’agenzia Usa National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) e dalla rete di scienziati dell’International Coral Reef Initiative (Icri). «Da febbraio 2023 ad aprile 2024 è stato documentato un notevole sbiancamento del corallo sia nell’emisfero settentrionale sia in quello meridionale di ciascun grande bacino oceanico», è il messaggio affidato a un comunicato da Derek Manzello, coordinatore del Nooa. Il fenomeno interessa i tre maggiori oceani e almeno 53 paesi e territori; è stato ufficialmente confermato per alcune parti dell’Oceano indiano occidentale, compresa la Tanzania, il Kenya, Mauritius, le Seychelles, le Maldive, e le isole francesi d’oltremare Tromelin (al nord di Réunion) e Mayotte, al nord ovest del Madagascar; nella Grande Barriera Corallina in Australia e per la costa occidentale dell’Indonesia. Dovrebbero arrivare presto le conferme ufficiali per l’Atlantico e in particolare la costa nord del Brasile.

«Gli oceani continuano a riscaldarsi – prosegue Manzello – e lo sbiancamento del corallo diventa più frequente e più grave. Quando questi eventi sono sufficientemente frequenti e gravi, possono causare la morte dei coralli che può a sua volta influire negativamente sui prodotti e sui servizi che la barriera corallina offre alle persone che da essa dipendono per la loro sopravvivenza». La barriera corallina contribuisce con circa 170 miliardi annui di dollari al pil globale (pari all’incirca a 105mila miliardi). Spesso costituisce una fonte di reddito importante per popolazioni altrimenti molto povere e si temono quindi disordini sociali in caso di morte del reef. La barriera corallina protegge le coste e crea vivai naturali, spesso ricchi di specie molto pregiate di pesci; il turismo contribuisce con 36 miliardi.

Lo sbiancamento del corallo può avvenire con il riscaldamento delle acque anche di un grado centigrado al di sopra della media di lungo periodo. L’episodio peggiore si è avuto tra il 2014 e il 2017 quando il Niño danneggiò fino al 70% del reef globale. Oltre agli episodi di carattere mondiale, si sono registrati una sessantina di eventi di sbiancamento di carattere locale. L’anno scorso il riscaldamento delle acque della Florida, che hanno superato i 38° Celsius, ha causato la morte dell’intero reef corallino.

Lo sbiancamento in sé non è necessariamente causa di morte dei coralli, ma occorrono interventi per riportare la temperatura a livelli più accettabili o aumentarne la resilienza. Qualche speranza viene ora fornita dal previsto arrivo della Niña, la versione fresca del Niño; anche se, ricorda Manzello, si sono verificati sbiancamenti anche duranti le fasi meno calde. Gli scienziati hanno clonato alcuni ceppi di endosimbionti che possono aumentare la resilienza del reef, così come stanno dando risultati alcuni probiotici.

Fonte: Il Sole 24 Ore