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Costi abitativi vs Redditi, l’analisi dell’Osservatorio Casa Abbordabile
Una città dove si allarga sempre più la forbice tra redditi/salari e costi abitativi e che progressivamente espelle individui e nuclei a reddito basso dal perimetro comunale verso i comuni dell’hinterland. E il fuori Milano sembra effettivamente offrire qualche opportunità in più ai salari medi, ma a costo di sacrifici economici (anche qui i prezzi crescono e l’offerta è carente) e personali dovuti alle necessità di spostarsi verso Milano (e non ovunque i mezzi pubblici sono efficienti).
È quanto emerge dal secondo rapporto dell’Osservatorio Casa Abbordabile (OCA), nato per monitorare le dinamiche di accesso e di abbordabilità della casa a Milano, e promosso dal Consorzio Cooperative Lavoratori e LUM in partnership con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) del Politecnico di Milano, dalla ricerca coordinata da Massimo Bricocoli (professore ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica e direttore del DAStU Politecnico di Milano) e da Marco Peverini (ricercatore presso il DAStU Politecnico di Milano) e Lorenzo Caresana (assegnista di ricerca presso il DAStU Politecnico di Milano).
Cosa ci si può permettere a Milano
Traducendo in possibilità effettive l’indice dei metri quadri abbordabili in acquisto e in affitto, a Milano città, un operaio (reddito netto medio di 1.360 euro) può permettersi di acquistare con mutuo in media 19 mq, un impiegato (reddito netto medio di 1.836 euro) 25 mq, un quadro (con reddito netto medio di 3.477 euro) 48 mq e un dirigente (reddito netto medio di 7.638 euro) 105 mq. Tutti metri quadri in dimunuzione sia sul 2023 che rispetto all’anno base 2015. Dal 2015, infatti, la riduzione di metri quadrati abitabili appare particolarmente pesante per le qualifiche medio-basse (operai) che vedono l’indice di metri quadri abbordabili ridursi del 16,7%, mentre le qualifiche centrali (impiegati e quadri) vedono riduzioni meno pesanti (rispettivamente 12,7% e 12,1%) e i dirigenti riducono il loro indice dell’8,2 per cento.
Considerando la locazione – a fronte di una spesa massima del 30% del salario – un operaio può permettersi di affittare 26 mq (2 in meno del 2022), un impiegato 35 mq, un quadro 66 mq e un dirigente 146. Da notare come dividendo il territorio comunale in tre cerchie – centro, semicentro e periferia, l’indice di abbordabilità rimane critico anche nei quartieri periferici. Nello specifico considerando l’incidenza sul salario, e misurando l’abbordabilità con riferimento alla soglia critica del 30% del salario netto, centro e semicentro cittadino risultano inaccessibili per i nuclei che contano sulle retribuzioni medie nette di operai, e impiegati e diventano inabbordabili anche per i nuclei di due e tre componenti che contano sulle retribuzioni medie nette dei quadri.
Che cosa ci si può permettere fuori Milano
Il “fuori Milano” identificato dal rapporto comprende un quadrato di circa 60km di lato intorno a Milano: l’equivalente di una sezione di territorio che accorpa circa 300 comuni a cavallo di 7 province lombarde. Considerando l’indice di abbordabilità, che assume come riferimento il 30% del reddito medio nel comune e calcola i mq acquistabili con mutuo, un reddito medio non è sufficiente per acquistare un’abitazione di 50 mq in buona parte della cintura del territorio di Milano, nei poli urbani come Pavia, Lodi, Abbiategrasso, Magenta, Treviglio e in tutta la Brianza lungo le direttrici maggiormente infrastrutturate.
Per un lavoratore con retribuzione di circa 1.500 euro lordi al mese i comuni abbordabili sono prevalentemente quelli da cui è più difficile raggiungere Milano con i mezzi pubblici e che quindi hanno tempi di pendolarismo molto elevati. Affittare casa fuori Milano può sembrare l’unica opzione sostenibile per chi guadagna 1.500 euro lordi al mese, ma i dati mostrano che vivere lontano resta comunque costoso.
In affitto la situazione migliora, ma resta critica: l’incidenza di affitto, trasporti e tempo di viaggio non scende mai sotto il 30% del salario netto e nei comuni più accessibili al trasporto pubblico si avvicina al 60 per cento.
Fonte: Il Sole 24 Ore