Cresce in Alto Adige l’incubatore dello sportswear al femminile

Cresce in Alto Adige l’incubatore dello sportswear al femminile

Nel 1859 “Mrs. Henry Warwick Cole” partì per un’esplorazione del Monte Rosa. Nel libro che dedicò all’impresa, oltre a descrivere paesaggi e persone, la viaggiatrice inserì anche indicazioni sull’abbigliamento necessario, come abiti di lana o alpaca con anelli cuciti nelle gonne, nei quali far passare le corde, un piccolo binocolo da teatro e veli per attraversare agevolemente la neve. Da allora resta ignoto il vero nome dell’autrice, che si nascondeva dietro il cognome del marito per evitare lo scandalo di una donna che in piena età vittoriana viaggiava da sola.

Quasi due secoli dopo, invece, la montagna è questione sempre più femminile, ben oltre il genere del sostantivo. «Credo sia in corso un cambiamento culturale, le donne esprimono un approccio peculiare alla montagna, vissuta come esperienza personale e di condivisione, e non solo come performance e conquista»: a parlare, negli uffici futuristici del gruppo Oberalp a Bolzano, è Ruth Oberrauch, vicepresidente del gruppo e fondatrice e brand manager di LaMunt, marchio di abbigliamento da montagna nativo femminile. «Un tempo le proposte sportswear per le donne erano la versione shrink and pink (in piccolo e in rosa, ndr) di quelle per gli uomini. La nostra filosofia è diversa, perché per creare i prodotti partiamo dalle caratteristiche del corpo femminile».

Così, la parte bassa della schiena è più alta e in un tessuto in lana Merinos e tencel che si asciuga facilmente, i pantaloncini si possono tagliare della lunghezza preferita, la coulisse di una giacca regolare per renderla più comoda, e colori e design superano il perimetro dello sportswear per abbracciare la moda: «Siamo molto presenti nei negozi che offrono un mix fra abbigliamento sportivo e non – aggiunge -. In aprile abbiamo aperto la nostra prima boutique a Monaco, pensata come uno spazio di condivisione, dove organizziamo anche eventi che danno spazio alle donne».

La stessa filosofia anima il negozio, e il progetto, di Sher, marchio di abbigliamento e accessori per cicliste fondato da Sara Canali nel 2018. Il negozio di Bolzano, con le grandi vetrine affacciate sulla strada, ospita eventi e sessioni di allenamento trasmesse su Instagram, aperte a tutte: «Abbiamo messo a punto tute con bretelle che facilitano le pause, pantaloncini senza elastico per adattarsi meglio al corpo – racconta l’imprenditrice -. Con l’università di Monaco abbiamo brevettato un fondello in tessuto antimicotico e antibatterico, che si può sostituire quando è consumato. Facciamo tutto in Italia e con tessuti italiani, e puntiamo molto sulla versatilità, con creazioni che possono essere indossate anche oltre lo sport, con una palette di colori come il blu o il tortora che sta bene a tutte, a prescindere dalla carnagione e dai capelli. E organizziamo pedalate collettive, in cui si segue il ritmo di chi va più lentamente».

Fonte: Il Sole 24 Ore