
Crisi climatica e caro-cacao, start up cercano alternative alla cioccolata
La volatilità crescente del clima si rispecchia in una maggiore volatilità dei prezzi delle materie prime alimentari. Dal riso in Giappone all’olio extravergine in Italia, gli sbalzi sono arrivati fino alle nostre tavole e sono destinati a continuare, secondo uno studio di Inverto, la sussidiaria di Boston Consulting Group specializzata nella gestione delle catene di approvvigionamento. Ma la cavalcata più drammatica è quella del cacao, che dal 2022 ad oggi ha quadruplicato le quotazioni, mandando alle stelle i prezzi della cioccolata.
Come influisce il clima?
Le ondate di caldo torrido e le forti piogge che hanno flagellato i Paesi dell’Africa occidentale, dove si produce il 70 per cento del cacao globale, hanno reso gli alberi del cacao meno produttivi e hanno favorito la diffusione di malattie, mandando in bancarotta molti piccoli agricoltori. Il virus del “cacao swollen shoot” e la malattia del baccello nero, un’infezione fungina che fa marcire i baccelli di cacao, hanno entrambi colpito duramente le piantagioni. Un disastro destinato a peggiorare nei prossimi anni: un rapporto di Climate Central ha calcolato che nell’ultimo decennio si sono aggiunte tre settimane in più di caldo superiore ai 32°C durante la stagione principale, tra ottobre e marzo, quando le piante dovrebbero rimanere al di sotto di questa soglia. La previsione è che gran parte di queste aree siano destinate a diventare inadatte alla coltivazione del cacao entro il 2050.
Per gli amanti del cioccolato, la minaccia di perdere per sempre questa delizia si fa seria. Si tratta di correre ai ripari con l’aiuto del food tech: i giganti del cioccolato, da Nestlé a Mars, si stanno già muovendo. C’è chi utilizza colture in vitro di cellule vegetali per produrre cacao sintetico, mentre altri sfruttano flussi agricoli collaterali e colture più resistenti al clima per realizzare nuove varianti di cioccolato.
L’ultima scoperta arriva dagli scienziati dell’University College Cork, dell’Università di San Paolo e del New York Botanical Garden, che hanno scoperto tre nuove specie di piante strettamente imparentate con il Theobroma cacao, l’albero del cacao originario del Sud America e fonte di un’industria che sostiene i redditi di oltre 50 milioni di persone. Il team di ricercatori si è imbattuto nelle tre nuove specie – Theobroma globosum, T. nervosum e T. schultesii – durante la preparazione di un rapporto tassonomico sul genere Theobroma, condotto nella parte occidentale della foresta pluviale amazzonica. A differenza di Theobroma cacao, le altre tre specie crescono da un singolo fusto e sebbene la struttura interna delle foglie e dei frutti sia simile in entrambe le piante, il guscio è molto più corrugato. La scoperta, secondo i ricercatori, potrebbe portare allo sviluppo di alberi di cacao più resistenti al clima, riportando nuova linfa nelle piantagioni ormai infestate.
Colture cellulari
La startup israeliana Kokomodo, invece, punta a risolvere il problema saltando la fase della coltivazione: seleziona cellule dalle varietà di cacao più pregiate provenienti dall’America Centrale e Meridionale e le coltiva in una coltura cellulare. Da lì, le cellule sono trasferite in bioreattori, da dove il cacao viene raccolto e lavorato. «Coltivare il cacao è come coltivare la carne, ma più semplice», spiega la fondatrice Tal Govrin. E aggiunge: «Con l’emergenza climatica che minaccia il cacao, un metodo di produzione non agricolo potrebbe garantirne la sopravvivenza per le generazioni future». Il suo primo prodotto è un “cacao in polvere ad alto valore”, che presto sarà seguito dal burro di cacao.
Fonte: Il Sole 24 Ore