Crosetto: «L’esercito non può permettersi sottufficiali 49enni». Parte la sfida per abbassare l’età media dei militari

In un contesto in cui, come ha sottolineato il ministro della Difesa Guido Crosetto nel suo intervento alla cerimonia per i 163 anni dalla costituzione dell’Esercito italiano, «il mondo è cambiato profondamente e noi dobbiamo adeguare le nostre Forze Armate», una delle sfide è sicuramente quella dell’età anagrafica dei sottufficiali. Quella attuale è infatti troppo elevata.

Forze Armate, Crosetto: «Dovrà cambiare la selezione, dovrà cambiare l’età media»

«Dobbiamo essere chiari e dire che questo tipo di forze armate e il servizio che creeremo nei prossimi anni probabilmente non potrà più permettersi un’età media di 49 anni nei sottufficiali, o 47 – ha detto il responsabile della Difesa -. Perché se cambia quello che chiederemo alle forze armate dovrà cambiare anche questo, dovrà cambiare la selezione, dovrà cambiare l’età media, dovrà cambiare probabilmente il modo con cui trattiamo una parte del pubblico impiego in modo diverso da un altro. Perché fare il soldato e chiedere a qualcuno di essere impegnato 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, di essere disposto ad andare da una parte all’altra del mondo, mettendo a rischio la propria vita è – ha ricordato Crosetto – diverso che fare qualunque altro lavoro pubblico o privato».

Il rapporto dell’Esercito: età media dei graduati è di 40 anni

Nel “Rapporto Esercito 2023” si legge che «l’Esercito è composto per circa il 65% da personale militare la cui età media è compresa tra 30 e 50 anni; in particolare i graduati, che rappresentano la parte più consistente delle unità operative, raggiungono un’età media di 40 anni. In tale contesto – continua il documento – il nuovo sistema di reclutamento dei Militari di Truppa e il conseguente sviluppo del nuovo iter formativo per Volontario in Ferma Iniziale (VFI) si configurano quali politiche orientate a ringiovanire la componente operativa della Forza Armata e a disporre, fin da subito, di risorse umane prontamente impiegabili. Gli effetti di tali misure, tuttavia, saranno apprezzabili nel medio-lungo periodo con le naturali fuoriuscite del personale Graduato più “anziano” al raggiungimento del limite di età anagrafica».

Cavo Dragone: servono almeno 10mila soldati in più

Oltre a un problema di età anagrafica, c’è anche un nodo organico. Intervenuto il 26 marzo in audizione presso le commissioni Difesa e Esteri di Camera e Senato, il Capo di Stato Maggiore, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ha posto l’accento sul fatto che le forze armate italiane sono «assolutamente sottodimensionate». Servono, come minimo, 10mila uomini in più. Ma anche arrivando alla fatidica quota 170mila, secondo il Capo di Stato Maggiore saremmo comunque «al limite della sopravvivenza». «Non abbiamo abbastanza uomini – ha detto -. Siamo assolutamente sottodimensionati: 150mila è improponibile, 160mila che è quello che attualmente ci è stato approvato è ancora poco, e con 170mila siamo al limite della sopravvivenza. Nell’esercito abbiamo turni di impiego massacranti. Sono cambiati i tempi, sono cambiate le minacce, e il nostro impegno è sempre più massivo. Vogliamo una difesa europea, e questo ci richiederà tanto. Ho fatto richiesta per avere più uomini. Continuerò a chiedere piu uomini fino a che non mi cacciano», ha concluso Cavo Dragone.

L’ipotesi di ricorrere ai riservisti

Tra le ipotesi che sono state prese in considerazione, anche quella di ricorrere ai riservisti. «Noi non abbiamo un problema di numero – ha spiegato in passato Crosetto -, ma per esempio costruire una Riserva nazionale delle forze armate, come in Svizzera e in Israele, è un mio obiettivo, anche se attivare, ovviamente, in casi gravissimi». La reintroduzione dei riservisti nell’Esercito proposta dal capo di Stato maggiore «è un’idea – ha detto il . Masiello è una persona di buonsenso, ha le idee chiare e fa delle proposte. E mi pare che anche il ministro Crosetto condivida l’idea che avere una riserva può essere utile quando servono uomini quando si dovrà intervenire con una vera difesa europea. Se dovessimo inviare, come credo sia giusto, inviare reparti italiani in una eventuale missione delle Nazioni Unite per preparare la nascita di uno Stato palestinese, abbiamo bisogno di uomini e donne che indossino l’uniforme. I più specializzati potrebbero andare in missione internazionale e si potrebbero chiamare i riservisti quando ci sono da fare missioni interne italiane”.

Fonte: Il Sole 24 Ore