Crotone, parte la bonifica di uno dei siti più inquinati d’Europa. Ma se c’è il vento il cantiere si ferma

Crotone, parte la bonifica di uno dei siti più inquinati d’Europa. Ma se c’è il vento il cantiere si ferma

Le 10,30 del mattino di un giorno feriale di fine estate a Crotone, cielo terso e poco vento. Oltre i 30 km/h (ma forse anche meno) le raffiche qui sarebbero un problema. Su via Leonardo da Vinci, tra il mare e la foce del fiume Esaro, gli escavatori sono in azione e i camion per la bonifica della discarica a servizio dell’ex Pertusola Sud si stanno riempiendo di terra. Che sembra terra e basta, ma invece si tratta di rifiuti industriali, 400mila tonnellate di inquinanti che derivano dal processo idrometallurgico dello zinco: ferriti di zinco con metalli pesanti, come cadmio, arsenico, manganese, germanio. Anche cubilot, usato in passato come inerte per costruire strade. Perfino terre rare. I cassoni sono coperti con uno spesso telo blu.

La bonifica integrale del Sin di Crotone

Dopo 25 anni almeno di controversie e rimandi – progetti sospesi, decreti ministeriali, diffide e ricorsi al Tar – Eni Rewind, proprietaria dell’area, sta eseguendo la bonifica integrale di uno dei siti industriali più inquinati d’Europa, quello della discarica dell’impianto della francese Société Minière et Métallurgique de Penna Roya, che agli inizi del ‘900 produceva, appunto, zinco elettrolitico, e quello della Montecatini, che prima di diventare Enichem, nella città di Pitagora, produceva concimi e fertilizzanti per l’agricoltura, con la Società Meridionale Ammonia. Nello specifico «sinora sono stati rimossi e trasportati nel deposito “D15”, interno al sito, materiali per un totale di circa 11,3 mila tonnellate – fa sapere Eni Rewind – di cui 2,5 mila tonnellate sono state già smaltite presso la discarica della Cisma in Sicilia».

Il vento ferma i cantieri

Il problema è che se la ventosità sale oltre la soglia, e capita spesso in quella zona, si ferma il cantiere. Il rischio – certo – è di sollevare particelle tossiche nell’aria. Si lavora a cielo aperto e invece servirebbero delle paratie, anzi, a dire il vero, una tensostruttura, così come prevede il Paur, provvedimento autorizzatorio unico regionale, che blinda tutte le fasi della discarica, stabilendo, inoltre, che sia l’Agenzia regionale per l’ambiente a monitorare e controllare le operazioni. Ma nonostante una convenzione stipulata e l’invio di 5 nuove unità (erano 17 durante la prima fase del progetto operativo iniziato nel 2019), nessuno ispeziona.

Caratterizzazioni dopo ogni prelievo

I nebulizzatori tengono umido il terreno, i piezometri controllano le falde acquifere, gli operai esposti agli agenti inquinanti lavorano bardati con tute, maschere e guanti. I rifiuti vengono prelevati dalla discarica a mare, stoccati in baie di protezione e sicurezza, caratterizzati (cioè definiti di volta in volta per tipologia e pericolosità) e saranno inviati in impianti autorizzati.

Fonte: Il Sole 24 Ore