Cuore, su prevenzione ed equità di cura l’Italia a più velocità impari dall’Europa
Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali sfide per la salute pubblica, sia a livello globale che nazionale. La prevenzione e la diagnosi precoce sono fondamentali per ridurre l’incidenza e l’impatto di queste patologie. È necessario un impegno congiunto tra istituzioni, professionisti sanitari e cittadini per migliorare la presa in carico, promuovere stili di vita sani e garantire l’accesso equo alle cure.
L’identikit
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte in Italia e nel mondo, con un impatto epidemiologico, sociale ed economico elevato. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), sono responsabili di oltre 6,5 milioni di decessi prematuri ogni anno, superando il cancro e le malattie respiratorie croniche. In Europa, queste patologie colpiscono oltre 62 milioni di persone e generano un costo annuale di circa 282 miliardi di euro. L’Unione Europea si sta dotando di un Piano per la salute cardiovascolare visto che un intervento tempestivo per i fattori di rischio può ridurre la probabilità di infarti cardiaci e ictus: circa il 20-40% degli attacchi cardiaci colpisce individui affetti da malattie cardiovascolari non diagnosticate. In Italia, i dati Istat del 2022 confermano che le malattie del sistema circolatorio sono la prima causa di morte, con forti disuguaglianze territoriali: il Mezzogiorno è particolarmente colpito e le persone in condizioni socioeconomiche fragili sono maggiormente a rischio. La spesa sanitaria per le malattie cardiovascolari –considerando solo ipertensione e dislipidemia- nel nostro Paese è stimata in circa 15 miliardi di euro. I farmaci per l’apparato cardiovascolare rappresentano la seconda categoria terapeutica a maggior spesa pubblica. Sono queste le premesse che hanno spinto l’Osservatorio Salutequità a realizzare un’analisi dedicata alle malattie cardiovascolari con focus sulle cardiomiopatie.
Guardare all’Europa
«La tematica ha una priorità altissima – spiega Tonino Aceti, presidente di Salutequità – lo dicono i numeri. Ma le risposte sono parziali ed eterogenee sul territorio nazionale, frutto dell’inefficacia della programmazione nazionale fatta finora. Manca una cornice nazionale chiara dalla prevenzione alla riabilitazione. Infatti, non basta avere la trattazione in quota parte nel piano nazionale di prevenzione; non basta la quota parte della trattazione del piano nazionale di cronicità, così come approvato (senza cronoprogramma, un sistema di controllo efficace, ecc.), ma serve un Piano nazionale di azione dedicato. Lo ha capito bene l’Europa, che sta dando una lettura unica e integrata e sta per emanare il piano europeo cardiovascolare in un’ottica sistematica e unitaria, che ci spingerà a fare di più e meglio».
Cardiomiopatie banco di prova
Paradigmatiche le cardiomiopatie, responsabili, tra l’altro, di morti improvvise e di scompenso cardiaco. «Qui – prosegue Aceti – ci sono tanti tasselli ancora mancanti: dalla definizione di percorsi di presa in carico alla mancanza, al corretto inquadramento nei Lea; dall’accesso agli esami Ngs necessari per scoprire le mutazioni genetiche e gestire il rischio, come indicato dalle società scientifiche, fino al riconoscimento di benefici socio-sanitari. L’auspicio è che le buone pratiche messe in campo per dare risposte a bisogni insoddisfatti sui territori, trovino una sintesi e diventino una realtà uniforme al livello nazionale e siano oggetto di monitoraggio».
Prevenzione e interventi anti-impatto
Secondo l’Oms, fino all’80% dei decessi per malattie cardiache e ictus sarebbe prevenibile attraverso controlli regolari, corretti stili di vita e accesso tempestivo alle cure. Tuttavia, miliardi di persone presentano fattori di rischio non diagnosticati per i quali esistono trattamenti efficaci.
In Italia, molte Regioni, tra cui Veneto, Friuli Venezia Giulia, Campania, Puglia, Sicilia e Provincia di Trento, hanno inserito nei rispettivi Piani regionali della Prevenzione programmi di valutazione del rischio cardiovascolare e screening dedicati. Nonostante ciò, la Carta del Rischio Cardiovascolare viene ancora poco utilizzata dai Medici di Medicina Generale (Mmg) a causa di difficoltà operative legate alla gestione delle numerose piattaforme informatiche e alla raccolta automatica delle informazioni necessarie.
Fonte: Il Sole 24 Ore