-U13425463126KaS-1440x752@IlSole24Ore-Web.jpeg?r=1170x507)
Cure mediche in Ue senza autorizzazione preventiva
Nel percorso a ostacoli per ottenerecure mediche in un altro Paese Ue è intervenuta la Corte di giustizia dell’Unione europea che, con la sentenza del 4 settembre (C-489/23), ha aperto le porte a una maggiore libertà di circolazione per i pazienti, bocciando condizioni fissate dagli Stati che sono sostanziali ostacoli alla libera prestazione dei servizi. In particolare, la Corte ha stabilito che, se è legittima una verifica delle condizioni che giustificano una prestazione medica fuori dallo Stato di residenza, non sono compatibili con il diritto Ue misure che hanno un effetto dissuasivo, tra le quali quelle che condizionano il rimborso all’autorizzazione al ricovero da parte di un medico del servizio pubblico nazionale dello Stato del paziente.
La vicenda
La vicenda ha preso il via da un cittadino rumeno che doveva subire un intervento attraverso un robot. Nel suo Paese l’attrezzatura non era funzionante e, quindi, l’uomo si è rivolto a un istituto specializzato in Germania. Ha chiesto al suo sistema sanitario nazionale il modulo E112 per cure all’estero, ma gli è stato rifiutato. Chiamato d’urgenza dalla struttura tedesca, il paziente ha ottenuto la prestazione chirurgica, ma l’azienda sanitaria rumena ha negato il rimborso di 13mila euro per le spese sostenute perché non è stata allegata la ricevuta sulla necessità di ricovero in ospedale redatta dal medico di base.
L’orientamento della Corte Ue
La Corte Ue parte dalla premessa che l’articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), che include il diritto del paziente a spostarsi nello spazio Ue per ottenere un servizio, osta all’applicazione di una normativa nazionale che abbia l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile di quella puramente interna. Accanto agli ostacoli diretti, vi sono quelli indiretti costituiti da alcune condizioni o regole amministrative/burocratiche che «hanno l’effetto di dissuadere dal ricorrere a prestazioni sanitarie transfrontaliere».
Tra le condizioni bocciate dalla Corte, proprio l’autorizzazione al ricovero a opera di un medico del servizio pubblico nazionale che ha effetto dissuasivo sulla libera prestazione dei servizi e che potrebbe essere giustificata solo se essenziale per garantire cure di elevata qualità o un controllo dei costi, ma senza eccedere quanto necessario per il suo raggiungimento. L’equilibrio finanziario è un obiettivo da perseguire, ma se gli Stati hanno già stabilito che il rimborso non va al di là del costo previsto dall’assistenza nazionale, non possono essere richieste ulteriori condizioni.
Detto questo, però, la Corte precisa che se il paziente ha ricevuto l’assistenza sanitaria transfrontaliera senza aver chiesto l’autorizzazione preventiva, il rimborso può essere circoscritto «nei limiti della copertura garantita dal regime di assicurazione malattia al quale è affiliato» a eccezione dei casi in cui il paziente, per ragioni di urgenza o legate al suo stato di salute, ha dovuto saltare la procedura prevista nel suo Paese.
Fonte: Il Sole 24 Ore