Da Atene ad Edimburgo, se il “genius loci” ispira anche in azienda

Durante un evento organizzato per una grande società di consulenza, è salito sul palco Beppe Severgnini. A un certo punto del suo discorso cita un libro, “tra i miei preferiti in assoluto”, afferma. È La geografia del genio, del viaggiatore filosofico Eric Weiner: “Un simposio di storie emozionanti, ricerche sulla psiche umana e viaggi esilaranti del protagonista nelle città più geniali di sempre”. Ovviamente prima che scendesse dal palco l’avevo ordinato online. E che dire… Grazie Beppe!

Non posso che consigliarlo anch’io a tutti voi, e per questa rubrica ho provato a distillare da due città due riflessioni, spero utili, per chi gestisce persone e progetti in azienda.

 Partiamo dalla prima: Atene.

L’età classica della Grecia è un periodo di 186 anni, e l’apice della sua genialità, culla della civiltà occidentale popolata da filosofi e artisti straordinari, ne durò solo 24: tra il 454 e il 430 a.C. Poco più di una generazione, un momentum tanto ricco quanto fugace. E tra le peculiarità culturali che più colpiscono della celebre polis, troviamo la gioia civica. Gli ateniesi erano fortemente decisi a primeggiare rispetto a chiunque altra città e regno dell’epoca, grazie a una miscela micidiale di motivazione estrinseca e intrinseca.

Estrinseca perché chi si impegnava poteva ottenere una maggiore posizione sociale in città; intrinseca perché i cittadini si divertivano un sacco a competere con altri ateniesi in speculazioni filosofiche e opere d’arte. Poi, tutti insieme, si mettevano in “coopetizione” (competevano collaborando) per la grandezza di Atene. Chiarisce Weiner: “Una domanda cruciale non è se una persona sia motivata, ma per cosa o per chi inneschi la sua motivazione. Nell’antica Atene, la risposta era chiara: la città”. Oggi noi lo definiamo dovere civico, che però secondo Weiner “richiama un obbligo, e non è per nulla divertente”. La gioia civica degli ateniesi invece univa un grande senso di appartenenza a un grande entusiasmo. Ecco, proviamo a immaginare l’impatto della gioia civica non verso la propria città, ma verso la propria azienda. Impossibile? Non credo, basta osservare i casi gioia civica di molti employee in alcuni momenti della vita di Apple, Netflix, delle nostre Ferrero, Armani e, ultimamente, di una certa OpenAI (per citarne alcune). A volte la gioia civica si può instillare in un team, per poi proliferare in intese Business Unit. Domandiamoci: si può lavorare alla gioia civica di colleghi e collaboratori? E se sì, come?

Fonte: Il Sole 24 Ore