
Dai dazi, colpo mortale da 2,3 miliardi per food e wine
Inaccettabili, gravissimi, ingiustificati. Il mondo dell’agroalimentare italiano, la prima manifattura del Paese, non usa mezzi termini per respingere la richiesta del presidente Trump di dazi al 30% e chiede alle istituzioni europee una risposta ferma e decisa. Secondo la Coldiretti, l’annuncio del tycoon equivale a un colpo mortale da oltre 2,3 miliardi di euro sul cibo e le bevande made in Italy, che l’anno scorso dall’export verso gli Stati Uniti avevano incassato 7,8 miliardi di euro e quest’anno puntavano a raggiungere i 9 miliardi. Per l’Italia agroalimentare, gli Usa sono il secondo mercato mondiale più importante, dietro alla Germania.
«Un dazio al 30% – dice il presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino – supera ogni soglia di tollerabilità per le imprese. Il combinato disposto dell’impatto dei dazi e della svalutazione del dollaro non sarà sostenibile per diversi settori». Alla Ue le imprese alimentari, più che il pugno di ferro, preferiscono però chiedere un intervento della mano pubblica: «Non pensiamo però a sussidi – dice Mascarino – ma a interventi urgenti e strutturali per rafforzare la nostra capacità competitiva: snellire il carico burocratico sulle imprese, ridurre i prezzi dell’energia, facilitare l’accesso al credito».
Il timore di Federalimentare è che una risposta troppo dura da parte della Commissione europea finisca con lo scatenare ulteriori ritorsioni americane. Le associazioni degli agricoltori sono però di diverso avviso: «La presidente Von der Leyen – ha detto ieri il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – deve spendersi per una soluzione vera come non ha ancora fatto. Colpisce, in questo momento delicatissimo, la totale assenza di coraggio e di visione strategica da parte dell’Europa». Anche il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, va giù duro: «I dazi al 30% vanno oltre ogni più cupa previsione e sono assolutamente inaccettabili. Le nostre imprese non potrebbero sopportare un carico di questo tipo. Come Europa dobbiamo essere uniti nel negoziato e trovare una soluzione che non affossi l’economia e che non metta in discussione i sistemi produttivi sul tema delle barriere non tariffarie». Ancora più duro è stato il dg del Grana Padano, Stefano Berni, che ha negli Usa il suo terzo mercato mondiale: «La decisione di Trump equivale a una vera dichiarazione di guerra economica. Quindi da oggi l’Europa non può più considerarlo un competitor, ma un nemico».
Per il vino italiano, che dagli Usa incassa 1,9 miliardi di euro, un quarto di tutto l’export, i dazi al 30% equivarrebbero di fatto «a un embargo», come l’ha definito il presidente dell’Uiv Lamberto Frescobaldi: «È impensabile – ha aggiunto – poter collocare altrove nel breve periodo questi volumi di vino». Mentre per il presidente di Federvini, Giacomo Ponti, si tratta di una «misura gravissima e ingiustificata, che penalizza non solo i produttori europei, ma anche gli operatori economici americani che fanno parte integrante della filiera. Per ogni dollaro speso in beni europei di qualità, come il vino, si attivano infatti fino a 4,50 dollari nell’economia americana».
Fonte: Il Sole 24 Ore