Dalla Commissione Ue i dettagli dei Conti di investimento per il retail

Dalla Commissione Ue i dettagli dei Conti di investimento per il retail

Con straordinaria celerità la Commissione Ue è pronta a lanciare i Conti di investimento che erano stati annunciati con il varo della Siu (Saving and Investment Union) il 19 marzo scorso. Circola infatti una bozza della raccomandazione che dovrebbe essere presentata la prossima settimana: un documento finalizzato a sollecitare e richiedere agli Stati membri di elaborare un piano per l’introduzione di specifici “saving and investment accounts” (conti di risparmio) semplificati e convenienti fiscalmente.
Dunque si tratta di avvicinare gli investitori retail — in particolare le famiglie europee che detengono un elevato tasso di risparmio e ingenti accantonamenti in liquidità infruttuosa — agli investimenti nei mercati dei capitali (si veda l’articolo alla pagina precedente). «Per raggiungere questo scopo – afferma Andrea Rocchetti, Global head of investment advisory di Moneyfarm -, la Commissione intende adottare una sorta di best practice, ispirandosi a modelli che hanno funzionato in altri Stati membri e non, come gli Isk attivi in Svezia da alcuni anni, e gli Isa (Individual Saving Account) disponibili nel Regno Unito da oltre 25 anni. Questi strumenti hanno successo perché stimolano il risparmiatore ad accantonare i propri capitali presso un intermediario finanziario offrendo vantaggi fiscali: per esempio gli ISA nel Regno Unito permettono l’esenzione dell’imposta sul capital gain ogni anno su un determinato ammontare versato e sono utilizzati da oltre 22 milioni di risparmiatori, più del 40% della popolazione».

Come funziona il nuovo conto di investimento individuale (saving investment account)? Secondo il documento deve presentare specifiche caratteristiche di accessibilità e flessibilità. La Commissione pone grande enfasi sul fatto che l’esperienza di investimento (il cosiddetto investment journey) debba essere user-friendly. La procedura deve essere poco complicata, immediata, e la Commissione spinge molto affinché sia gestibile in formato digitale. Inoltre, i “contenitori” devono essere privi di limiti di importo minimo, permettendo investimenti anche minimi (come 1 o 100 euro). Non devono esserci nemmeno limiti di età. L’intenzione è abbattere il più possibile le barriere d’accesso.

La novità più rilevante è che questo contenitore deve includere vantaggi fiscali importanti per gli aderenti. Tali vantaggi fiscali dovranno essere almeno pari al miglior prodotto attualmente disponibile in quello Stato membro in termini di agevolazioni fiscali (ad esempio, in Italia, deve essere vantaggioso almeno quanto i Pir). Sebbene poi non vengano posti vincoli stringenti alle geografie di investimento, il contenitore dovrebbe permettere al risparmiatore di accedere almeno a tre specifiche asset class: azioni, obbligazioni e quote di fondi o Etf.

«La diversificazione per classi di attivo e geografie è fondamentale per il controllo del rischio – spiega Rocchetti – e altri strumenti finanziari quali Eltif o Fia potrebbero altresì essere inclusi nel contenitore».Proprio questo aspetto fa entrare in gioco il ruolo degli intermediari. «Il contenitore può essere assimilato – continua Rocchetti – a strumenti esistenti come la gestione patrimoniale, i fondi pensione, i Pir o le polizze Unit Linked. Questi strumenti devono essere proposti dai player finanziari. Inoltre la Commissione sottolinea, basandosi su dati concreti, che una competizione elevata favorisce una migliore efficienza degli strumenti e una maggiore partecipazione da parte dei risparmiatori. Di conseguenza, gli strumenti devono essere proposti a costi proporzionati ed equi». Inoltre, per stimolare la competitività e permettere il trasferimento tra intermediari, non devono esserci costi di uscita.

Fonte: Il Sole 24 Ore