Dalla Germania all’Italia, così gli Stati Ue si muovono per reclutare più militari

Dalla Germania all’Italia, così gli Stati Ue si muovono per reclutare più militari

Il vertice Nato all’Aia ha alzato l’asticella delle risorse destinate alla difesa al 5% del Pil entro il 2035. In un contesto internazionale segnato da minacce crescenti, dalla guerra in Ucraina al terrorismo, dalla sicurezza energetica alla difesa delle infrastrutture critiche, e sulla spinta del presidente Usa Donald Trump che ha ripetutamente chiesto di non far ricadere unicamente sulle spalle degli Stati Uniti il costo della difesa europea, i 32 Alleati hanno deciso di mettere mano al portafoglio. Risolta una questione, se ne delinea un’altra: il rafforzamento o potenziamento degli organici degli eserciti europei. La minaccia rappresentata dalla Russia a est è troppo grande per mantenere un assetto leggero che, se nel periodo successivo alla fine della guerra fredda e alla dissoluzione dell’Unione sovietica ha dimostrato di essere, oltre che sostenibile economicamente, funzionale al contesto geopolitico ora, con minacce e fronti che vanno via via proliferando, mostra le sue crepe.

Servono più soldati, la mossa della Germania: Merz chiede aiuto alle imprese

La Germania spinge sul riarmo e viola il tabù dei debiti per aumentare drasticamente e in tempi record il budget dedicato alla difesa, ma «i soldi non bastano»: all’esercito tedesco mancano innanzitutto soldati, per fronteggiare l’eventualità del cosiddetto “Ernstfall”, il “caso serio”, e cioè una guerra nel territorio stesso della Repubblica. Un “worst case” con cui si confrontano quasi quotidianamente politica e società civile. Ed è quindi sulla leva obbligatoria che si è spostato il dibattito a Berlino, dove il cancelliere Friedrich Merz, nei giorni scorsi, si è spinto a chiedere aiuto perfino alle imprese, sollecitando la disponibilità dei manager a svincolare i dipendenti, per rendere possibili gli addestramenti militari. La Bundeswehr ha bisogno di riservisti, ha spiegato il leader della Cdu. «Credo che siamo tutti dell’avviso che valga la pena difendere questa democrazia e questa libertà – ha scandito parlando alla giornata della Confidustria tedesca, la Bdi -. Ma questo ha delle conseguenze anche per le imprese. I soldi non sono il tema decisivo. La questione fondamentale è avere del personale qualificato. È necessaria una riserva», ha continuato. «Dovrete essere disposti a permettere ai vostri dipendenti di esercitarsi di nuovo nelle truppe», ha aggiunto, sottolineando di riferirsi a periodi di qualche settimana di addestramenti. L’uscita del Kanzler era stata preceduta da un intervento del ministro della Difesa socialdemocratico, Boris Pistorius, che nel weekend aveva affermato di voler procurare 10 mila soldati e 1000 impiegati civili all’esercito, già entro la fine di quest’anno. Affermazione che trova riscontro nel bilancio approvato nelle ultime ore dal gabinetto, dove compaiono le risorse per altrettante assunzioni. Il fabbisogno è in realtà anche superiore: si parla di circa 50-60 mila soldati mancanti per rispondere alle necessità dell’Alleanza transatlantica. Un “buco” non semplice da riempire. La Bundeswehr conta attualmente 183 mila militari e 81 mila civili. Per promuovere l’ingresso di nuove reclute si è riaperto da tempo il dibattito sul servizio militare obbligatorio abolito nel 2011 dai conservatori di Angela Merkel. Un errore, ha osservato Merz, che ha già tirato fuori la necessità di prevedere «elementi di obbligatorietà» in materia. «Se si punta sulla volontarietà non ce la faremo. Dovremmo riattivare la leva obbligatoria», gli ha fatto eco il presidente dell’associazione dei riservisti Patrik Sensburg parlando alla Rnd. I tedeschi potrebbero poi pronunciarsi sull’obbligatorietà per le donne: «Se ci fosse una volontà della maggioranza su questo – è la sua proposta – non saprei chi potrebbe defilarsi nel Bundestag».

La necessità di rafforzare gli organici

Il conflitto tra Russia e Ucraina ha dato il via a un vivace dibattito sul sistema di reclutamento attualmente vigente nel continente europeo. Molti Paesi si sono domandati se i loro sistemi fossero adeguati a soddisfare le nuove esigenze delle forze armate nell’odierno contesto internazionale. È così emersa la necessità di procedere con un aumento degli organici e di perseguire l’obiettivo di un incremento del numero di unità sotto le armi. I paesi guardano alla riserva, ovvero a quel bacino di forze che opera a favore dello Strumento Militare senza farne parte a tempo pieno, ma che può essere velocemente richiamato in modo da aumentarne il volume in caso di crisi.

La Francia ha stabilito che aumenterà il numero di riservisti sotto le armi dagli attuali 40.000 a oltre 100.000 entro il 2035. La Polonia ha avviato un importante programma di incremento della spesa che dovrebbe portarla a raggiungere 300.000 militari in servizio attivo di qui al 2035. In alcuni Paesi, come gli Usa, la Spagna e il Regno Unito, i riservisti sono anche civili che mantengono un certo grado di attitudine militare mediante l’addestramento che li impegna mediamente per un weekend al mese. Quest’attività può essere svolta a titolo individuale, oppure come componente di specifiche unità militari stabili di riservisti, di cui è esempio il Territorial Army britannico. In Francia due sono le categorie di cui si compone la riserva militare: la riserva operativa e la riserva cittadina.

Fonte: Il Sole 24 Ore