
Dall’agroalimentare ai farmaci, le incognite su tariffe ed esenzioni
Nessun imprenditore italiano che esporta negli Usa può dirsi soddisfatto di questo accordo tra Stati Uniti e Ue con dazi al 15%. Ma troppe sono ancora le incognite che pesano sull’intesa per potere esprimere un giudizio definitivo. In primo luogo manca ancora l’elenco dei prodotti che verranno esentati dalle tariffe, una partita su cui l’Italia si gioca molto. E mancano anche diversi chiarimenti tecnici che possono spostare l’ago della bilancia da “poteva andare peggio” a “scenario decisamente negativo”.
Attende l’industria meccanica: gli occhi e le orecchie dei produttori di macchinari sono tutti concentrati su quali beni potranno incassare la sospensione dei dazi. Attende il settore agroalimentare, che verso gli Usa esporta quasi otto miliardi di euro all’anno. Non solo vuole valutare l’elenco dei prodotti esentati, ma vuole anche capire se – come ha lasciato intendere ieri il Commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic – l’aliquota del 15% è flat e quindi riassorbe i dazi preesistenti. Se così fosse, l’industria lattiero-casearia stapperebbe spumante, perché si ritroverebbe di fatto con nessun aumento. I produttori del vino sono invece quelli con meno certezze, ancora non sanno se saranno esenti o se al contrario subiranno un aumento delle tariffe.
Ad attendere c’è anche l’industria farmaceutica. Per conoscere la sorte dei prodotti farmaceutici, fanno sapere fonti della Commissione Ue, bisognerà prima sapere gli esiti dell’indagine avviata dall’Amministrazione Usa ex sezione 232 del Trade expansion act. Al momento per i farmaci generici sembra si possa sperare nel dazio zero, anche se nella tarda serata di ieri, in una scheda informativa la Casa Bianca ha messo le mani avanti, chiarendo che «l’Unione europea pagherà agli Stati Uniti un’aliquota tariffaria del 15% anche su auto e componenti auto, prodotti farmaceutici e semiconduttori».
Più certo il quadro della filiera del legno arredo, che sa già di dover fare i conti con le tariffe al 15% e stima un calo dell’export verso gli Stati Uniti fra il 10 e il 20% dell’export. Al momento, l’unico settore che può dirsi soddisfatto è quello dell’automobile, perché vede ridursi l’aliquota dal 27,5% entrato in vigore ad aprile all’attuale 15%.
Complessivamente il made in Italy oggi esporta negli Stati Uniti beni per circa 65 miliardi di euro all’anno: considerato un export totale di 623,5 miliardi di euro, gli Usa rappresentano più del 10% delle nostre vendite all’estero. Di questi 65 miliardi il Centro studi di Confindustria calcola che il nostro Paese potrebbe perderne fino a 22, per il combinato disposto dei dazi al 15% (specie se applicati a tutti i prodotti) e della svalutazione, questa invece già in atto, del dollaro sull’euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore