Dalle mondine alle macchine: storia della cascina dove fu girato “Riso Amaro”
Quando il maestro del neorealismo Giuseppe De Santis girò “Riso amaro”, Fulvio Bertoldo nemmeno era nato. Era il 1948, e la mondina Silvana Mangano incitava le compagne alla lotta sociale tra le risaie vercellesi. A distanza di quasi ottant’anni la Cascina Veneria di Lignana, che fu set del film, è ancora al suo posto. Solo che ora, a raccogliere il riso, è proprio Fulvio Bertoldo: «Abbiamo comprato la tenuta una quindicina d’anni fa – racconta – io, mio padre Ermenegildo e suo fratello, mio zio Antonio».
Con i suoi 750 ettari, Veneria è la più grande azienda risicola di tutta Europa e la sua storia è lunga, molto lunga. Comincia nel XII secolo, quando è un avamposto per la caccia incluso nel patrimonio fondiario dell’abbazia di Santa Maria di Lucedio, poi nel corso dei decenni passa ai Savoia. Ai tempi di “Riso Amaro” appartiene alla famiglia Agnelli: «Riccardo Gualino della Lux, la casa produttrice del film, era un amico personale dell’Avvocato», racconta Marco Grossi, che insegna Storia del cinema all’Accademia di Belle arti di Frosinone ed è il segretario dell’Associazione Giuseppe De Santis, dedicata alle opere del regista. Così, è l’alfiere del capitalismo italiano a prestare la sua tenuta al più comunista dei registi.
Sul set del film
E Gianni Agnelli sul set ci andava spesso. Così come ci andava Robert Capa, che alla fine pubblicò su “Life” un servizio sulle mondine italiane che passò alla storia della fotografia. Così come ci andava Renato Guttuso, che del film disegnò la brochure. E così come ci finì pure Cesere Pavese, innamorato – e non corrisposto – della sorella della co-protagonista del film, l’attrice americana Doris Dowling. Constance – la sorella, appunto – era alla Veneria perché aveva una piccola parte nel film, da semplice comparsa: «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi» pare siano versi che Pavese scrisse pensando a lei.
Dopo gli Agnelli, la tenuta di Lignana passa ai Ligresti, ed è proprio dalla Fondiaria Sai che la famiglia Bertoldo acquista la proprietà della cascina e dei terreni: «Andammo sui giornali dell’epoca per quell’acquisizione – racconta Fulvio – un’azienda di rilevanza storica e territoriale finiva nelle mani di una famiglia poco conosciuta». I Bertoldo è gente che si è fatta da sè, il nonno di Fulvio partì dal Veneto più profondo, provincia di Vicenza, negli anni 50 con moglie, otto figli e nessun soldo in tasca. Ha cominciato affittando un terreno, ha finito mettendo insieme 2mila ettari di terra di proprietà e 3mila capi di bestiame.
Il lavoro delle mondine
Quando riguarda “Riso Amaro”, Fulvio Bertoldo riconosce alcuni scorci della sua Veneria: «Una parte della cascina è ancora oggi così come la si vede nel film – racconta – ma il paesaggio intorno è profondamente cambiato». Soprattutto, è cambiato il lavoro nelle risaie: «Da quando faccio riso io, non ho mai visto una mondina», ammette. Nel Dopoguerra, invece, era tutto esattamente come racconta De Santis: le operaie e le contadine del Veneto e dell’Emilia che per quaranta giorni si trasferivano nel Vercellese a piantare il riso e a strappare le erbacce, i piedi nudi nell’acqua e i calzoni arrotolati sopra il ginocchio. Un chilo di riso era un giorno di paga. Parlare era vietato, così si cantava, e ogni strofa era un messaggio per le compagne. Silvana Mangano, nei panni di Francesca, guidava la protesta contro le mondine assoldate in nero perchè allora come oggi, nei campi italiani, il caporalato era di casa. De Santis, del resto, era un neorealista doc e per raccontare la sua storia si era informato bene: «Aveva chiesto aiuto a un suo amico caporedattore all’Unità di Torino – racconta Marco Grosso – il quale gli aveva messo a disposizione, per i sopralluoghi nelle risaie del Vercellese, un giovane giornalista della redazione Cultura: affascinante, laureato, ex partigiano, ex giocatore di calcio del Torino, attore di teatro a tempo perso». Quel giornalista si chiamava Raf Vallone: fu proprio la parte del sergente che ottenne in “Riso Amaro” a fargli cambiare definitivamente mestiere e a lanciarlo nello star system.
Fonte: Il Sole 24 Ore