Debito pubblico, raddoppia la quota in mano alle famiglie
Le famiglie e le imprese tornano protagoniste nell’acquisto di Bot e Btp. Ad agosto 2025 detenevano 442,4 miliardi di euro di debito pubblico italiano, pari al 14,4% del totale di 3.081 miliardi (3.080,9 a settembre), quasi il doppio rispetto al minimo del 7,9% registrato nel 2021. È l’effetto combinato dei rendimenti elevati, del successo dei Btp dedicati al retail e di una crescente preferenza per strumenti considerati sicuri. Il Btp valore, in particolare, è stato collocato, nelle varie emissioni dal 2023, per un ammontare pari a 93 miliardi. E’ quanto evidenzia l’ufficio Analisi&Ricerche della Federazione autonoma dei bancari italiani (Fabi). Per il segretario generale Lando Maria Sileoni questo è il segnale chiaro che «le famiglie italiane stanno tornando a investire nei titoli di Stato e lo fanno perché hanno fiducia. Fiducia nel Paese, fiducia nella sua tenuta sociale e politica, fiducia nella capacità dell’Italia di attraversare una fase internazionale complicata con più solidità rispetto ad altri grandi partner europei. Questo dato non nasce per caso: le famiglie non mettono i loro risparmi nei Btp se non percepiscono stabilità, continuità e una prospettiva credibile».
Gli altri investitori
A crescere con forza è anche la presenza degli investitori esteri, che salgono a 1.039,9 miliardi, il 33,8% del totale (record negli ultimi sei anni), in rialzo rispetto al 26,8% del 2022 e ai massimi dell’ultimo decennio. La domanda internazionale torna quindi a essere uno dei pilastri principali del mercato del debito sovrano italiano. In controtendenza, la Banca d’Italia, che opera per l’Eurosistema, riduce l’esposizione dai 721 miliardi del 2022 ai 592,1 miliardi del 2025, con la quota che scende dal 26,1% al 19,2%, per effetto della fine degli acquisti netti Bce. Leggermente in calo anche fondi e assicurazioni, oggi al 12,5% (386,3 miliardi), contro il 15,8% del 2019.
Cresce il debito ma anche la fiducia
Nel complesso, il debito pubblico italiano cresce da 2.415,6 miliardi del 2019 a 3.080,9 miliardi nel 2025. Le banche italiane continuano ad avere “in pancia” oltre 620 miliardi di Bot e Btp, un valore sostanzialmente stabile negli ultimi anni. Nel 2024 e nel 2025 la dinamica si è ridimensionata, in termini assoluti, al livello più basso del periodo osservato: 601,4 miliardi pari al 21,7% del totale. Il peso del settore creditizio sul totale del debito pubblico è sceso in modo netto: dal 26% del periodo pre-pandemico al 20% del 2025. Una quota in calo, dovuta non a un disimpegno delle banche, ma alla crescita del debito complessivo e al maggiore ruolo di esteri oltre che di famiglie e imprese. Complessivamente, dal 2019 a oggi il debito pubblico del Paese è cresciuto di 665 miliardi, pari a un incremento del 27,5 per cento. Per Sileoni il ruolo delle banche rimane fondamentale: pur con una quota relativa in calo continuano a garantire oltre 620 miliardi di debito nei propri portafogli. Una presenza massiccia, strutturale, che testimonia ancora una volta quanto il settore bancario sia un pilastro della stabilità finanziaria del Paese. Le banche fanno la loro parte, in modo responsabile, come sempre: in piena pandemia, quando sono state un argine, anche grazie alle lavoratrici e ai lavoratori bancari; oggi, con un approccio prudente, ma senza sottrarsi al proprio dovere. Poi c’è il capitolo degli investitori esteri, che sono tornati con forza e oggi rappresentano più di un terzo del nostro debito pubblico. È un segnale politico, prima ancora che economico. Con l’Europa attraversata da tensioni elettorali, instabilità istituzionale e crescita debole — basti guardare cosa sta accadendo in Francia e Germania — l’Italia è percepita come un porto più sicuro, un mercato più affidabile, un Paese che garantisce maggiore continuità. È proprio qui che si vede la differenza: famiglie, banche e investitori internazionali mostrano tre dinamiche diverse, ma tutte convergono su un punto. L’Italia è oggi considerata più stabile e più credibile di altri grandi Paesi europei. È questa la vera chiave politica dei dati» commenta il segretario generale della Fabi.
La mappa degli investitori
La distribuzione tra i diversi detentori mostra una mappa che oggi appare molto più articolata rispetto a quella dell’ultimo anno pre-pandemico e anche rispetto alla fase centrale dell’emergenza sanitaria. Nella fotografia più completa, quella dell’agosto 2025, gli investitori esteri restano — come in tutto il periodo — i principali sottoscrittori dei titoli di Stato italiani. Detengono 1.039,9 miliardi, pari al 33,8% del totale, una quota più alta di quella registrata sia nel 2021 sia nel 2019. Seguono la Banca d’Italia, con 592,1 miliardi e una quota del 19,2%, e le banche italiane, che hanno in portafoglio 620,5 miliardi, pari al 20,1% del debito. Più distanziati i fondi e le assicurazioni, che si attestano a 386,4 miliardi (12,5%). Il dato più interessante riguarda però le famiglie e le imprese, la cui esposizione sale a 442,4 miliardi, raggiungendo una quota del 14,4%, la più alta dell’intero periodo e quasi il doppio rispetto al minimo segnato nel 2021. Complessivamente, dal 2019 a oggi il debito pubblico del Paese è cresciuto di 665 miliardi, pari a un incremento del 27,5%.
Fonte: Il Sole 24 Ore