Dieci anni in corsa per le imprese del made in Italy
Ricavi in aumento deciso, margini più alti, posti di lavoro aggiuntivi, una rafforzata solidità patrimoniale. L’indagine annuale dell’Area Studi di Mediobanca sulle società italiane di media e grande dimensione traccia un quadro mediamente positivo, con i dati 2024 a descrivere un sistema uscito quasi indenne da un decennio complicato da eventi inattesi: tra pandemia e crisi della supply chain, guerre e inflazione.
Campione robusto quello analizzato, quasi 2mila realtà (1794 private, le altre pubbliche) con una forte rappresentazione dell’area manifatturiera, capaci di sviluppare 863 miliardi di ricavi dando lavoro a quasi 1,5 milioni di addetti.
Se la traiettoria 2015-2024 vede ricavi mediamente cresciuti del 37,6%, è l’area delle specializzazioni chiave del made in Italy (Cibo, Moda-Fashion, Farmaci, Meccanica, Mezzi di Trasporto, poco più della metà del campione) a brillare in modo particolare, con vendite lievitate di quasi 53 punti ad oltre 300 miliardi. Traino che deriva dalla proiezione internazionale (+59,6%), più che delle vendite in Italia, comunque in progresso rilevante, e che si trasla anche nei margini. Segmento che riesce a superare in modo più agevole anche le difficoltà recenti, chiudendo il singolo periodo 2024 con un lieve progresso del 2,5% nelle vendite, mentre la media del campione cede in modo simmetrico il 2,4%.
Scorrendo i dati di bilancio del corposo rapporto, oltre 250 pagine, si leggono in modo evidente gli effetti collaterali dei movimenti tellurici recenti. Negli oneri finanziari, ad esempio, che dopo essere scesi ai minimi nel 2021 (solo otto miliardi per il sistema delle imprese) si impennano progressivamente per arrivare nel 2024 a quota 18, seguendo il trend del costo del denaro, raddoppiato in tre anni al 4,6%.
Altro fenomeno pienamente visibile è lo tsunami dei costi dell’energia, leggibile nei risultati esplosivi del settore relativo, trainato dal balzo dei prezzi di gas ed energia elettrica. Con ricavi di categoria che passano dai 62 miliardi del 2015 a quota 87 (ma con un picco di 140 nel 2022) e margini che via via sono divenuti più rotondi. Che si tratti di profitti “extra” o comunque eccessivi (lo pensano le aziende manifatturiere) oppure di equa remunerazione degli investimenti effettuati (la tesi dei produttori) è opinabile: quel che è certo è che l’utile netto della categoria nel 2015 si attestava a 3,7 miliardi, cioè il 5,9% dei ricavi, mentre nel 2024 è quasi triplicato a dieci miliardi, l’11,6% rispetto alle vendite.
Fonte: Il Sole 24 Ore