Diritto d’autore, Agcom: Siae al 99,20%, Lea (Soundreef) allo 0,80%
Di acqua sotto i ponti, dai tempi del monopolio Siae, ne è passata: il mercato del diritto d’autore in Italia è liberalizzato. Per effetto della direttiva Barnier, del suo recepimento da parte del Dlgs. 35/2017 e soprattutto della sentenza 21 marzo 2024 della Corte di giustizia Ue. Ma al monopolio legale sembrerebbe essersi sostituito un monopolio naturale: Siae nella musica ha in mano il 99,20% del business di settore e Lea, la onlus che fino all’anno scorso operava per conto della collecting privata Soundreef, soltanto lo 0,80 per cento.
Lo certifica l’Agcom con la Delibera 142/25 che attribuisce le quote di mercato a tutte le collecting del diritto d’autore e dei diritti connessi. «Numeri nei quali non ci riconosciamo», sottolinea Davide D’Atri, fondatore e ceo di Soundreef, «e riguardo ai quali siamo pronti a ricorrere, qualora un utilizzatore li usasse in maniera distorsiva».
Stando alla ricostruzione di Agcom, mentre per il segmento “Autori opere musicali” c’è un netto predominio di Siae (99,20%) su Lea (0,80%), e per quello “Autori opere cinematografiche e assimilate” la Società autori ed editori s’impone ancor più nettamente (99,99%) su Mrights (0,01%), sui diritti connessi dei produttori fonografici prevale la collecting delle major Scf (85,30%), davanti all’Afi (5,81%), a Itsright (4,67%), Getsound (2,25%), Evolution (1,96%) e Audiocoop (0,01%). Per i diritti connessi riservati ad artisti interpreti ed esecutori, in campo musicale, comanda Nuovo Imaie (86,44%), davanti a Itsright (13,17%) e Rasi (0,40%), in campo cinematografico oltre al Nuovo Imaie (81,53%) troviamo Artisti7607 (16,19%) e ancora Rasi (2,28%).
Soundreef, di fronte a questi numeri, non ci sta: «Il lavoro di Agcom», dichiara D’Atri, «non è sicuramente semplice, ma alcuni criteri che hanno utilizzato lasciano perplessi. Per esempio, rispetto a Lea, hanno fatto un calcolo sugli incassi degli ultimi tre anni evitando di utilizzare dati recenti, fatturato e reali utilizzazioni dei repertori di riferimento: è evidente che, in questo modo, si penalizzino i soggetti nuovi a vantaggio di quelli storicamente consolidati. Senza contare che lo scenario cui fa riferimento il documento riguarda il solo anno 2024 e precede la sentenza della Corte di giustizia Ue, mentre da gennaio Soundreef può operare direttamente sul nostro mercato».
La collecting privata ha in mente altri numeri: «Il nostro peso», continua D’Atri, «oscilla tra il 3 e il 4% del mercato, a seconda del segmento che si prende in considerazione». Ma per ora Soundreef non impugna: «L’Agcom», spiega l’ad, «non fissa dei prezzi, dà delle indicazioni al mercato, rispetto ad alcune delle quali concordiamo».
Fonte: Il Sole 24 Ore