“Dogman”, un thriller d’altri tempi per Luc Besson

Luc Besson torna indietro nel tempo: “Dogman”, il nuovo film del regista francese, è un thriller che sembra uscito dagli anni Novanta, decennio in cui l’autore transalpino aveva firmato alcune delle sue opere migliori, da “Nikita” a “Léon”.

Tra le novità più attese del weekend in sala, “Dogman” ha come protagonista un ragazzo tormentato da un passato burrascoso: affetto da una grave menomazione fisica, Douglas è costretto a fare i conti con un’esistenza marginale calata in una profonda zona d’ombra della vita sociale. A causa dei continui traumi che lo hanno portato a perdere la fiducia negli esseri umani, trova conforto solo nella compagnia dei suoi amatissimi cani.

Il personaggio principale di questa pellicola è così un nuovo outsider del cinema di Besson, un nuovo anti-eroe emarginato perfettamente nelle corde della poetica del regista francese.Si possono trovare riferimenti al film “Joker” di Todd Phillips in questo lungometraggio che parla anche di maschere e scava negli angoli più inquietanti dell’animo umano, mantenendo persino delle atmosfere dark che mescolano l’immaginario del cinema degli anni Novanta con quelle di alcuni cinecomic contemporanei. Il personaggio di “Dogman” è inoltre figlio di una certa estetica che può ricordare il killer de “Il silenzio degli innocenti”, ma è tutto quel tipo di iconografia a risaltare in una pellicola che richiama a tratti anche lo stile dei videoclip. Nonostante sappia troppo di già visto, il film riesce a intrattenere grazie a un ritmo efficace e ad alcune intuizioni visive.

Caleb Landry Jones

Seppur sia vittima di diversi cali e di numerose sbavature, tra una serie di flashback poco riusciti e alcuni momenti di violenza efferata troppo compiaciuti, “Dogman” è comunque un passo avanti nella filmografia recente di Besson.Il regista francese ha inanellato negli ultimi anni una lunghissima serie di prodotti del tutto da dimenticare – da “Lucy” a “Anna”, passando per “Valerian e la città dei mille pianeti” – e talmente trascurabili da far pensare che il suo talento fosse ormai del tutto tramontando.“Dogman” ha buoni guizzi, soprattutto nella gestione della sinergia tra il montaggio visivo e quello sonoro: le apparizioni del protagonista sono ben gestite, così come è notevole la prova di Caleb Landry Jones.L’attore americano, già vincitore della Palma come miglior interprete al Festival di Cannes per “Nitram” nel 2021, si conferma uno dei più bravi della sua generazione, soprattutto quando è chiamato a interpretare dei personaggi particolarmente estremi e inquietanti.

Inu-Oh

Tra le sorprese della settimana va segnalato “Inu-Oh”, un intenso film d’animazione nipponico diretto da Masaaki Yuasa.Ambientato nel Giappone medioevale, questo lungometraggio mescola musica, teatro e arti tradizionali, attraverso una struttura narrativa che tocca varie epoche e vari personaggi.Se la sceneggiatura ha qualche momento di lieve confusione, il disegno d’insieme è comunque efficace e ben realizzato, tanto da meritare di essere visto sul grande schermo.Si potrebbe definire “Inu-Oh” un’anticonvenzionale opera-rock, capace di rispettare il passato (tema molto presente nella pellicola) pur con un occhio indirizzato al futuro.Di anime così non se ne vedono tutti i giorni e i tanti appassionati del genere non possono assolutamente farselo scappare.

Fonte: Il Sole 24 Ore