
Dolce&Gabbana, alta gioielleria da record: «Ogni anno è più amata»
«Il riscontro è stato eccezionale, le vendite non sono mai andate così bene da quando è nata l’alta gioielleria»: parla con un tono giustamente orgoglioso Walter Veneruz, responsabile della divisione Gioielli e orologi di Dolce&Gabbana, all’indomani della presentazione della nuova collezione ispirata a Roma e a due sue anime in particolare, l’antichità imperiale e gli anni della Dolce Vita. «Credo che proprio il riferimento a queste due epoche in cui il gioiello era vissuto come una gioia personale, appunto, abbia sostenuto il successo della collezione – spiega –. Ma in realtà ogni anno c’è molta attesa, anche perché i clienti sono sempre più consapevoli di non acquistare solo un oggetto prezioso, bensì una creazione d’arte, unica».
Come accade dal 2012, anno che ne ha visto la nascita, e coerentemente con la filosofia dell’alta moda e dell’alta sartoria, l’alta gioielleria di Dolce&Gabbana è una sorta di manifesto che valorizza le eccellenze e la cultura orafa italiana attraverso tecniche e materiali: dopo il pane coccoi sardo diventato gioiello nel 2024, il corallo di Torre del Greco, le murrine veneziane, nella collezione romana spiccano i micromosaici, emblema della tradizione orafa della città, e le monete imperiali acquistate dalla numismatica Moruzzi, uno dei più celebri negozi della capitale.
«Al 90% le lavorazioni avvengono nel nostro laboratorio di Legnano (che rende Dolce&Gabbana forse l’unica maison di moda ad avere un proprio atelier di gioielleria e orologeria, ndr), ma per alcune realizzazioni particolari collaboriamo con realtà di tutta Italia, per valorizzare e interpretare le tradizioni locali – racconta Veneruz –. A Napoli, per esempio, abbiamo usato la filigrana borbonica, a Venezia ci siamo rivolti allo stesso laboratorio che produce le tessere dorate per i mosaici di San Marco. I nostri gioielli raccontano una storia, di un territorio e delle sue persone».
Fra i bassorilievi e le incisioni su pietra d’Istria e gli elementi che richiamano l’architettura della città, a spiccare nella collezione romana sono anche dei pendenti-scultura in polvere di marmo, che interpretano in modo struggente l’antichità, come opere di Igor Mitoraj, ma sono frutto di una ricerca tecnica d’avanguardia: «Abbiamo un motto: “Niente è impossibile”. Bisogna solo capire come farlo. Quando abbiamo ricevuto dai signori stilisti, che seguono ogni passaggio con la massima attenzione, l’indicazione di realizzare queste piccole statue da indossare abbiamo iniziato a fare prove ed esperimenti. Siamo riusciti a ottenere una pasta di polvere di marmo di Carrara, molto usato nella statuaria antica, tenuta insieme da una resina speciale, con cui abbiamo realizzato sculture resistenti e molto leggere».
Nel laboratorio di Legnano è stato persino creato il taglio di gemme “Dolce&Gabbana”, che gioca con il numero 13, cifra fortunata per la maison («Un giorno il signor Gabbana ci portò una goccia di un lampadario chandelier, dicendoci che avrebbe voluto una gemma tagliata in un modo simile»). E per seguire la crescita della divisione, gli uffici sono stati ampliati già tre volte nel corso della loro storia: oggi ospitano 65 persone fra tecnici e amministrativi, e una gemmologa, con la quale Veneruz viaggia nel mondo per cercare le pietre capaci di interpretare in modo originale, accanto alle gemme più classiche, la passione per il colore di Dolce&Gabbana, come kunziti, rubelliti, morganiti. Con risultati a volte inediti e significativi per l’intera industria: «Quando ancora nessuno le usava abbiamo acquistato molte tormaline di Paraiba, che oggi sono fra le gemme più richieste e rare – spiega –. Abbiamo appena comprato degli spinelli blu cobalto che useremo nella prossima collezione. Sono rarissimi, anche più della Paraiba, e sono certo che nel prossimo futuro saranno sempre più ricercate».
Fonte: Il Sole 24 Ore