Doppio Schiele a Vienna: due mostre per l’artista espressionista

Doppio Schiele a Vienna: due mostre per l’artista espressionista

Nel percorso espositivo, che illustra sia la biografia sia la produzione artistica spiccano anche alcuni dipinti che paiono evocare ispirazioni asiatiche: non solo gli alberelli scarni e stilizzati che già si conoscevano, ma anche paesaggi in cui l’acqua e le onde giocano un ruolo portante e i colori si stemperano nei toni del verde, dell’azzurro e del grigio, come in “Mulino in rovina” del 1916, o “Torrente” del 1918.

In mostra anche materiali fotografici e lettere

La mostra presenta pure materiali fotografici e numerose lettere, tra cui risaltano quelle accorate dell’autunno del 1918, quando Schiele riferisce delle condizioni disperate della moglie, incinta al sesto mese e contagiata da quell’influenza “spagnola” che proprio sul finire del primo conflitto mondiale fa strage più delle battaglie. Anche Egon contrae la malattia e muore tre giorni dopo Edith, il 31 ottobre 1918, proprio tra gli ultimi sussulti della guerra.

Sia in mostra sia nel catalogo, della moglie viene proposto per la prima volta il diario che scrisse durante il breve matrimonio, tra il 1915 e il 1918: un utile, commovente strumento per entrare dentro la vita della coppia e delle fosche atmosfere di quegli anni.

Il primo Schiele espressionista alla Horten Collection

Come corollario alla mostra del Leopold Museum, la Horten Collection entra invece nelle pieghe dell’Espressionismo, immergendo Egon Schiele nel contesto austro-tedesco dei primi decenni del Novecento. Il team dei curatori dedica in particolare sguardi attenti al cinema muto e alle atmosfere lugubri e inquietanti che tennero a battesimo il genere dei film sia dell’orrore sia di fantascienza, e soprattutto fra le due guerre galvanizzarono l’interesse del pubblico con pellicole entrate nella Storia, come “Il Golem” di Heinrich Galeen (1915, con le varianti del 1917 e del 1920), “Il gabinetto del Dottor Caligari” di Robert Wiene (1920), “Nosferatu” di Friedrich Wilhelm Murnau (1922), o “Metropolis” di Fritz Lang (1927). La selezione dei materiali proposti offre spezzoni ma anche bozzetti che rivelano grande contiguità tra cinema e arte figurativa, materiali pubblicitari, nonché una cospicua serie di foto di scena, che colpisce per lo speciale nitore.

Di Schiele alla Horten Collection sono esposti alcuni quadri di pregio, anche da collezioni private, e un focus è dedicato alla forte gestualità e espressività tipica del cinema muto, con le mani che diventano proprio in Schiele elementi fondamentali di numerosi autoritratti e ritratti, e che si ritrovano emblematicamente nelle dita nodose e contratte del vampiro Orlak nei manifesti di “Nosferatu”.

Fonte: Il Sole 24 Ore