Draghi: unica via per Ue è federalismo pragmatico

Draghi: unica via per Ue è federalismo pragmatico

Il mondo è cambiato, l’Europa è sotto attacco e fatica a rispondere. Ha un’unica via di fronte a sé: “un federalismo pragmatico” che le permetta di andare avanti sui temi strategici. Mario Draghi torna a parlare del presente e del futuro dell’Europa. Lo fa ad Oviedo, dal Teatro Campoamor, dove è stato insignito del prestigioso Premio Princesa de Asturias per la Cooperazione Internazionale. Secondo i giurati Draghi è «una figura chiave della difesa dell’integrazione europea e della cooperazione internazionale». Ed è ancora una volta all’Unione, per la quale ha redatto il rapporto Competitività, che l’ex presidente della Bce ha rivolto il suo monito.

Draghi: sotto attacco quasi ogni principio su cui si fonda l’Ue

Il presupposto da cui parte Draghi è ormai da mesi identico: «quasi ogni principio su cui si fonda l’Ue è sotto attacco. Il mondo è cambiato e l’Europa fatica a rispondere». E’ questo il «punto di rottura» – già sottolineato a maggio a Coimbra, al Cotec, alla presenza del presidente della Sergio Mattarella – dal quale Draghi ha mosso anche ad Oviedo il suo intervento. Portando avanti una proposta che ben si inserisce nell’attualità di Bruxelles, ovvero nel dibattito sul superamento del quorum dell’unanimità in alcune decisioni chiave dell’Ue.

Il federalismo pragmatico

Per Draghi, quel superamento, dal punto di vista normativo, oggi è impossibile. Va, però attuato nei fatti. «Si tratta di un federalismo basato su temi specifici, flessibile e capace di agire al di fuori dei meccanismi più lenti del processo decisionale dell’Ue». Sarebbe costruito da «”coalizioni di volenterosi” attorno a interessi strategici condivisi, riconoscendo che le diverse forze dell’Europa non richiedono che ogni Paese si muova allo stesso ritmo», è la tesi dell’ex premier italiano.

Le divisioni nella Ue

Il suo intervento arriva a poche ore da un Consiglio europeo dove, ancora una volta, sull’Ucraina sono state approvate delle conclusioni a 26, ovvero senza l’Ungheria. E dove la proposta di usare gli asset russi per i prestiti di riparazione a Kiev ha subito una brusca frenata, tra i veti del Belgio e i dubbi di diverse capitali, Roma inclusa. Anche sul grande tema della competitività e del suo rapporto con il Green Deal i 27 leader hanno mostrato più di una crepa. Il 12 febbraio prossimo si terrà un Consiglio europeo straordinario proprio sul dossier. Saranno presenti Draghi e Enrico Letta, autore del rapporto sul mercato unico.

Reagire alla crisi

«Oggi, la prospettiva per l’Europa è tra le più difficili che io ricordi. Abbiamo costruito la nostra prosperità sull’apertura e sul multilateralismo: ora affrontiamo protezionismo e azioni unilaterali. Abbiamo creduto che la diplomazia potesse essere la base della nostra sicurezza: ora assistiamo al ritorno della potenza militare come strumento per affermare i propri interessi. Abbiamo promesso leadership nella responsabilità climatica: ora vediamo altri ritirarsi mentre noi sosteniamo costi crescenti», ha ricordato Draghi. L’Europa, ha sottolineato, ha sempre reagito alle crisi. Lo ha fatto dopo la crisi del debito sovrano, o dopo il Covid. La situazione, oggi, è diversa e più complessa. E Draghi l’ha riassunta ponendo alla platea di Oviedo una domanda che per ora resta senza risposta: «Quanto grave deve diventare una crisi affinché i nostri leader uniscano le forze e trovino la volontà politica di agire?».

Fonte: Il Sole 24 Ore