Droghe, anche il consumo occasionale può impedire il rilascio della patente

Droghe, anche il consumo occasionale può impedire il rilascio della patente

Mentre ancora restano irrisolti molti problemi aperti quasi un anno fa dalla stretta del Codice della strada sull’assunzione di “droghe” (sostanze stupefacenti e psicotrope) da parte dei conducenti di veicoli, il Consiglio di Stato ricorda che pure le norme precedenti, ispirate alle direttive europee sulla patente, richiedono di astenersi del tutto dall’uso di queste sostanze e non solo di mettersi alla guida esclusivamente se non si è in stato di alterazione. L’unica differenza sostanziale tra la situazione precedente e quella in vigore dal 14 dicembre dell’anno scorso (quando la legge 177/2024 modificò l’articolo 187 del Codice) è che la presenza di sostanze proibite nell’organismo prima impediva solo di conseguire la patente, mentre ora ha impatto anche su chi la patente ce l’ha già, configurando il reato di «droga alla guida» anche se l’interessato non è in stato di alterazione o comunque non si riesce a dimostrare che lo sia.

Il principio-cardine, valido sia prima sia ora, è che la patente non è un vero e proprio diritto per chiunque: seppure diffusa in maniera capillare, resta pur sempre un’autorizzazione che abilita a un’attività pericolosa quale la conduzione di veicoli su strada pubblica. E, come tale, richiede una particolare idoneità.

Il caso

A questo principio si ispira la recente sentenza del Consiglio di Stato del 17 settembre 2025, n. 7345, con la quale il collegio ha confermato la sentenza del Tar Veneto 1996/2024. La vicenda riguardava un conducente che, a seguito di una guidain stato di ebbrezza, era stato sottoposto a revisione della patente, con parecchie verifiche da parte della Commissione medica locale (Cml) competente, che aveva sempre concluso per l’idoneità alla guida. Fino a quando, nel 2019, la Cml aveva riscontrato, con analisi specifiche, la presenza di cocaina.

L’interessato decideva, quindi, di rivolgersi alla giustizia amministrativa. Dopo aver avuto torto dal Tar, procedeva con appello al Consiglio di Stato, senza però riuscire a ribaltare l’esito della controversia.

Fonte: Il Sole 24 Ore