È vero che Trump ha risolto «sette guerre» in «sette mesi»?

È vero che Trump ha risolto «sette guerre» in «sette mesi»?

Quello che ha detto all’Assemblea generale dell’Onu lo abbiamo sentito tutti: «In sette mesi ho messo fine a sette guerre che dicevano non essere terminabili. Non è avvenuto prima, sono molto onorato di averlo fatto», ha sentenziato Donald Trump aggiungendo: «Non ho mai avuto una chiamata dalle Nazioni Unite» e «nessuno mi ha ringraziato» per il lavoro svolto. Uno sforzo per il quale il presidente Usa ribadisce di essere ancora una volta più che degno del Nobel per la pace. Ma Trump ha davvero fermato sette guerre in sette mesi? Proviamo a incrociare le sue parole con i fatti.

Sette nel senso di perfezione

Una considerazione preliminare va fatta sull’utilizzo del numero sette («In sette mesi ho messo fine a sette guerre») che non è certo un numero qualunque. La retorica biblica frequenta con grande assiduità il numero sette: i sette giorni della Creazione, i sette doni dello Spirito Santo, i sette peccati capitali, i sette sigilli dell’Apocalisse, il «settanta volte sette» che Cristo utilizza come sinonimo di infinito quando Pietro gli chiede quante volte sia necessario perdonare un fratello (Mt. 18, 21-22). Nella Cabala ebraica, ma anche nella numerologia medievale, sette è simbolo di completezza e perfezione, un numero così potente da aver invaso la cultura alta e bassa degli ultimi due millenni (i pirati dei sette mari, Sette spose per sette fratelli, I magnifici sette). Alla retorica biblica e alla cultura pop l’elettorato di Trump è affezionatissimo. E Trump parla sempre al suo elettorato. Che si trovi alle Nazioni Unite o a un funerale.

La Guerra dei 12 giorni

Il primo conflitto nel quale il presidente Usa rivendica un ruolo risolutivo è la cosiddetta Guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran, scoppiata il 13 giugno di quest’anno con l’attacco di Tel Aviv contro le infrastrutture nucleari di Teheran. Trump è intervenuto direttamente il 22 giugno con l’operazione Midnight Hammer per distruggere i laboratori iraniani grazie ad armi americane di ultima generazione. Gli analisti concordano sul fatto che l’intervento Usa abbia accelerato la fine del conflitto, ma con o senza il coinvolgimento Usa gli israeliani avevano deciso di attaccare. E non si capisce quanto Trump abbia influenzato i negoziati.

Il conflitto Congo-Ruanda

Il 27 giugno, poco dopo la fine della Guerra dei 12 giorni, a Washington Congo e Ruanda firmano un accordo che pone fine alla guerriglia. Qui un ruolo di mediazione da parte di Trump effettivamente c’è stato, tant’è vero che il presidente della Repubblica del Congo Félix Tshisekedi ha candidato «The Donald» al tanto agognato Nobel per la pace. Comunque andrà a finire in quel di Oslo, gli Usa in questa partita hanno portato a casa «molti diritti minerari dal Congo», come sottolineato dallo stesso Trump. Non si tratta certo del primo tentativo di pace tra i due paesi africani. E la tenuta dell’intesa andrà verificata nel tempo.

Fonte: Il Sole 24 Ore