Ecco come usiamo davvero ChatGPT, lo spiega un report di OpenAI

Ecco come usiamo davvero ChatGPT, lo spiega un report di OpenAI

Circa 1,5 milioni di conversazioni finite sotto la lente di ingrandimento per capire come le persone interagiscono con la chatbot di intelligenza artificiale generativa più popolare al mondo (circa 700 milioni di utenti attivi su base settimanale): è l’essenza del working paper del National Bureau of Economic Research (NBER) realizzato dal team di ricerca economica di OpenAI in collaborazione con la Duke University e la Harvard University, uno studio finalizzato per l’appunto a tracciare (in modo del tutto anonimo e tramite classificatori automatici applicati a dati privi di identificativi personali) l’evoluzione del rapporto dei consumatori con ChatGPT dal suo lancio avvenuto tre anni fa a oggi. Una fotografia mai così completa, insomma, della diffusione e delle abitudini d’uso dello strumento che conferma innanzitutto l’enorme popolarità dello stesso su scala planetaria, con un volume di messaggi giornalieri che sono saliti da 451 milioni a oltre 2,6 miliardi (circa 18 miliardi ogni settimana) grazie a un incremento particolarmente sostenuto registrato nei Paesi a reddito medio-basso.

I dati di scenario e la natura democratica dello strumento

Premesso che per raccogliere ed elaborare i dati su occupazione ed educazione degli utenti oggetto di indagine è stata impiegata una “stanza sicura” digitale dove sono stati generati risultati statistici aggregati, il rapporto ha evidenziato come i divari demografici e di genere si stiano riducendo, con un’adozione che rispetto agli inizi si è ampliata riverso diverse categorie di consumatori, e come la maggior parte delle conversazioni riguardi compiti quotidiani come la ricerca di informazioni e indicazioni pratiche, sia in ambito personale che professionale, a vantaggio della produttività sul lavoro e del miglioramento della propria vita personale. OpenAI, in tal senso, ha rimarcato un concetto a cui tiene (per noti motivi) particolarmente, e cioè la natura democratica dell’accesso all’intelligenza artificiale, una tecnologia (si legge nella nota che accompagna lo studio) “a disposizione delle persone per sbloccare il loro potenziale e plasmare il proprio futuro”.

Chi lo usa: crescono gli utenti femminili L’effetto “democratizzazione”, conferma in effetti il rapporto, trova riscontro nei numeri che misurano i divari di utilizzo di ChatGPT, oggi ridotti in modo significativo rispetto al recente passato. A gennaio 2024, fra gli utenti con nomi classificabili come maschili o femminili, il 37% riconduceva chiaramente a esponenti del gentil sesso; a luglio di quest’anno, tale quota era salita al 52%. L’accessibilità orizzontale alla GenAI a prescindere dallo status economico delle persone, invece, è dimostrata da altri indicatori, e precisamente dal fatto che, a tutto maggio 2025, i tassi di crescita

dell’adozione di ChatGPT nei paesi a reddito più basso erano più di quattro volte superiori a quelli delle nazioni a reddito più alto. Quanto al profilo degli utenti, se la classe degli under 26 è quella più rappresenta a livello di messaggi scambiati con la chatbot, è in evidente crescita anche la percentuale di chi utilizza lo strumento per lavoro, soprattutto tra i laureati e nei settori professionali ad alto reddito.

Fonte: Il Sole 24 Ore