Economia circolare, Pmi di Lombardia e Piemonte ancora in mezzo al guado
Le piccole e medie imprese lombarde e piemontesi hanno avviato percorsi di economia circolare, ma la transizione resta parziale e frammentata. È quanto emerge dalla ricerca condotta dall’Università Liuc di Castellanza, sostenuta da Intesa Sanpaolo tramite la struttura Education Ecosystem and Global Value Programs nell’ambito dell’Accordo Quadro tra la banca e l’ateneo.
Lo studio, curato da Mario Fontanella Pisa, lecturer della Scuola di Ingegneria Industriale Liuc, ha coinvolto 50 aziende e rappresenta la seconda fase di un progetto pluriennale inserito nelle attività del Green Transition Hub dell’università. Dopo la mappatura di driver e barriere, l’indagine si è concentrata sulle risorse e competenze necessarie alla trasformazione circolare e sul ruolo degli attori esterni.
Il quadro e le carenze
Sul fronte delle risorse, le imprese dispongono prevalentemente di personale dedicato alla sostenibilità e tecnologie a supporto dell’economia circolare. Minore è la diffusione di accesso a materiali riciclati o banche dati ambientali. Il 16% delle aziende dichiara di non avere alcuna risorsa specifica. La produzione resta la fase maggiormente presidiata (63%), seguita da approvvigionamento (37%) e progettazione (21%). Uso, post-vendita e recupero risultano invece marginali. Tra le carenze più avvertite spiccano gli strumenti di analisi ambientale, in particolare software di Life Cycle Assessment (Lca) e strumenti di eco-design.
Anche il quadro delle competenze appare disomogeneo. Le aziende coprono internamente soprattutto conoscenza normativa, compliance ambientale, innovazione di prodotto/servizio e competenze tecniche di produzione. Circa un’impresa su quattro, però, dichiara di non disporre di capacità chiave come gestione della filiera e simbiosi industriale, analisi ambientale e eco-design. Emerge inoltre una diffusa difficoltà a strutturare funzioni interne di governance e change management dedicate alla sostenibilità.
Le strategie
Per colmare queste lacune, il 63% delle imprese ha già fatto ricorso a consulenti o società private, mentre solo l’11% ha collaborato con partner tecnologici e il 5% con università o cluster. Il giudizio medio sul supporto ricevuto è positivo, ma disomogeneo. In termini di importanza strategica percepita, consulenti privati e partner tecnologici precedono università, centri di ricerca ed enti di formazione; associazioni di categoria e finanziatori sono considerati meno determinanti.
Fonte: Il Sole 24 Ore