Economia del mare, Italia tra i leader europei
Per un Paese come il nostro – delimitato da oltre 8mila chilometri di costa – l’economia del mare rappresenta una grandissima potenzialità non solo economica, ma anche occupazionale. A patto che, come tutti gli altri settori, anche la cosiddetta Blue economy (che comprende pesca e acquacultura, cantieristica navale, trasporto marittimo e turismo) sappia evolversi in chiave tecnologica e, al tempo stesso sostenibile.
Il valore aggiunto della Blue Economy
Stiamo parlando di un’industria che, complessivamente, nel 2022 ha generato in Italia un valore aggiunto lordo di 64,6 miliardi di euro, con un impatto complessivo sul Pil di 178,3 miliardi, dando lavoro a oltre un milione di persone, come si legge nello studio «Capitale Naturale Blu» realizzato da Intesa San Paolo e SDA Bocconi School of Management, presentato in occasione del lancio del nuovo Osservatorio sull’economia del mare promosso dal gruppo bancario, che comprende anche una ricerca sul trasporto marittimo e in particolare sulla sua transizione verso la decarbonizzazione. Si tratta dei primi due passi di un lavoro che porterà anche nei prossimi anni alla realizzazione di studi e ricerche che possano rivelarsi strumenti utili alle imprese e ai decisori politici per mettere in campo le azioni necessarie allo sviluppo di un settore decisivo per la crescita del nostro Paese.
«L’Italia è al centro del Mediterraneo, il cui Capitale naturale blu ha un valore stimato in 5.600 miliardi di dollari, su un totale mondiale di oltre 24mila miliardi, previsto in forte crescita entro il 2030 grazie anche alla spinta di alcune normative europee ad hoc», spiega Francesco Perrini, docente di Management alla SDA Bocconi.
Potenzialità e innovazione
«Questo settore rappresenta una delle principali potenzialità economiche dell’Italia – conferma Eliza Zambito Marsala, responsabile Education ecosystem e Global value programs di Intesa Sanpaolo -. Assieme alle Life Sciences, la Blue Economy è uno dei più importanti trend mondiali di investimento e crescita. Per il nostro Paese, che ha una storia quasi millenaria legata all’economia del mare e una posizione geografica privilegiata, l’importanza di questa industria è evidente, ma è necessario aggiornare le competenze e innovare le tecnologie necessarie al suo sviluppo e alla sua competitività. Il Monitor nasce con l’ambizione di sostenere un ecosistema pubblico-privato in cui imprese e istituzioni, centri di ricerca e atenei, lavorino insieme e in modo integrato»
L’Italia si colloca tra i primi cinque Stati membri UE per contributo all’economia del mare, con una posizione di leadership nei settori del turismo costiero, della cantieristica navale, del trasporto marittimo e della pesca e acquacoltura, si legge nella prima ricerca. Tra i settori emergenti, le maggiori potenzialità riguardano le energie rinnovabili marine (in particolare l’eolico offshore), le biotecnologie blu, le soluzioni digitali per la gestione degli ecosistemi marini e le infrastrutture sostenibili. Le esperienze nelle Aree Marine Protette dimostrano che la conservazione può generare benefici economici superiori ai costi, promuovendo turismo sostenibile e nuova occupazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore