Economia sociale, la via per diventare infrastruttura di sviluppo

Economia sociale, la via per diventare infrastruttura di sviluppo

“Reale” è sociale. Non esiste economia senza relazioni, né valore pubblico senza comunità. È questo il principio che dovrebbe orientare il Piano Nazionale per l’Economia Sociale, lanciato dal Sottosegretario al Mef Lucia Albano e in consultazione fino al 12 novembre 2025: un’occasione cruciale per ridefinire i fondamenti del nostro modello di sviluppo.

Per la prima volta, l’Italia riconosce formalmente il ruolo di un’economia che non misura il proprio impatto solo in termini di Pil, ma nella capacità di generare coesione, fiducia e inclusione. Ma il rischio è che tutto si riduca a un esercizio di ricognizione amministrativa, a una “compliance” dei soggetti dell’economia sociale, invece che a una politica industriale per la sostenibilità integrale.

Per capire quanto sia urgente questo cambio di prospettiva, basta guardare un numero: nel 2014 le persone in povertà assoluta in Italia erano 4,1 milioni; oggi sono 5,7 milioni. In dieci anni, mentre il Pil è cresciuto – seppur a ritmi modesti – la povertà è aumentata. Una contraddizione che obbliga a una domanda scomoda: è inefficienza del sistema o è il sistema stesso che va ripensato? La risposta non è tecnica, ma culturale.

Un modo diverso di produrre valore

L’attuale modello economico produce ricchezza senza riuscire più a redistribuirla: cresce, ma non rigenera. È per questo che l’economia sociale non nasce per “riparare” i danni di Stato e mercato, ma per costruire un modo diverso di produrre valore, capace di rafforzare sia il ruolo dello Stato sia quello del mercato, restituendo alle comunità una funzione generativa e non residuale. Oggi in Italia l’economia sociale rappresenta quasi il 9% del Pil, con circa 428mila organizzazioni, 1,9 milioni di occupati (Atlante dell’Economia Sociale di Aiccon) e oltre 5,5 milioni di volontari. È il tessuto che tiene insieme economie locali, servizi pubblici e capitale umano. È un’infrastruttura invisibile ma indispensabile: senza di essa il Paese perderebbe resilienza, coesione e capacità di innovare. L’economia sociale non è un settore, ma un paradigma produttivo. Non redistribuisce soltanto, ma crea. Amplia la torta e lo fa in modo più equo.

Fonte: Il Sole 24 Ore