Effetto dazi sulla farmaceutica: 316 miliardi investiti negli Usa

Effetto dazi sulla farmaceutica: 316 miliardi investiti negli Usa

A colpi di dazi, anche solo annunciati, l’amministrazione Trump sta raggiungendo i propri obiettivi. Soprattutto nel comparto farmaceutico, dove le aziende rischiano dazi per il 200%. Almeno così sembrerebbe dalle ultime dichiarazioni del presidente statunitense, che durante una riunione di gabinetto ha annunciato «a breve» un nuovo pacchetto di dazi sui prodotti farmaceutici importati. La proposta prevede un periodo di circa un anno per consentire ai gruppi farmaceutici di rilocalizzare la propria produzione negli Stati Uniti prima dell’introduzione della tariffa. E una pioggia di annunci in questa direzione era già arrivata nei mesi scorsi per una cifra che al momento è stimabile in 316 miliardi per i 10 gruppi, americani ed esteri, con impegni sopra i 10 miliardi ciascuno.

Al novero delle big pharma, che faranno investimenti ingenti nel Paese nel prossimo futuro, lunedì si è aggiunta Astrazeneca. Il gruppo britannico-svedese ha annunciato un piano di investimenti da 50 miliardi di dollari negli Stati Uniti entro il 2030, specificando che i fondi saranno destinati sia alla produzione che alla ricerca e sviluppo. Nel dettaglio 4 miliardi di dollari saranno investiti in un nuovo stabilimento in Virginia, dedicato alla produzione di farmaci per malattie croniche. «Con il completamento di questo investimento, praticamente tutti i farmaci di AstraZeneca venduti negli Stati Uniti saranno anche prodotti negli Stati Uniti» ha affermato Kevin Hassett, direttore del National Economic Council statunitense, durante un evento a Washington. D’altra parte lo stesso ceo di Astrazeneca si è dichiarato a favore della strategia dell’amministrazione Usa di voler portare la produzione di farmaci nel Paese: «È una questione di sicurezza nazionale. È una visione che comprendiamo e condividiamo pienamente. I dazi stanno semplicemente accelerando un processo che avremmo avviato comunque».

Investimenti negli Usa

L’annuncio di Astrazeneca segue quello di una dozzina di big pharma. Dall’insediamento di Donald Trump, i principali gruppi farmaceutici europei hanno annunciato piani di investimento sempre più ambiziosi negli Stati Uniti: lo scorso aprile Novartis ha comunicato un piano da 23 miliardi di dollari destinato allo sviluppo di infrastrutture sul territorio statunitense, così come l’altro gruppo svizzero Roche, che ha dichiarato un investimento di 50 miliardi di dollari; a maggio anche il colosso francese Sanofi ha svelato l’intenzione di investire almeno 20 miliardi di dollari entro il 2030 nel Paese. La stessa strategia è stata messa in campo dai gruppi asiatici, come Takeda il cui ceo Christophe Weber ha annunciato 30 miliardi di investimenti in Usa: «Questo riflette il fatto che gli Stati Uniti sono il principale mercato mondiale per l’innovazione biofarmaceutica», sottolineando tuttavia che la strategia di investimento «non è nuova» ed è volta a mantenere la presenza di Takeda negli Stati Uniti, che include una rete produttiva «imponente».

I gruppi americani non sono da meno, dal momento che in molti casi devono riportare in patria produzioni che avevano dislocato altrove, per evitare eventuali dazi. Così Johnson & Johnson ha annunciato 55 miliardi di investimenti, Bristol Myers Squibb 40 miliardi, Eli Lilly 27 miliardi, Gilead Sciences 11 miliardi e Abb Vie 10 miliardi. A questi si aggiungono una serie di società che hanno annunciato impegni minori, ma sempre nell’ordine dei miliardi, come la biotech Ucb (5 miliardi per un nuovo impianto).

Fonte: Il Sole 24 Ore