
Eleonora Rinaldi. Órama: perdersi tra sogno e realtà a Venezia
Il progetto espositivo, composto da sette opere realizzate a Parigi nel 2025, si sviluppa attorno al concetto di visione, intesa come soglia tra realtà e immaginazione. Il titolo Órama, dal greco “visione” o “sogno”, richiama il legame profondo tra la percezione sensoriale, la rielaborazione interiore e gli stimoli della natura.
I dipinti di Rinaldi ritraggono paesaggi in bilico tra dato empirico e sospensione onirica, dove la vegetazione riprende spazio a scapito del mondo antropomorfizzato. Le figure umane si fondono così con le foglie e l’intrico della flora, in una fitta trama cromatica e di sintesi formale che rievoca suggestioni fauve, simboliste “alla Rousseau il Doganiere” e surrealiste. La natura non risulta, quindi, un fondale inerte ma materia pulsante che inebria con i suoi umori la scena, in una dimensione sospesa e fittizia che coinvolge lo spettatore anche a livello emotivo.
L’esperienza interiore, in una dimensione che mastica ricordo e fantasia, sensazione e pulsione come avessero lo stesso spessore, prende forma nella rappresentazione visiva. Le opere di Rinaldi rispecchiano il modo in cui il sogno altera – o rivela – la realtà, suggerendo un’esperienza immersiva, quasi allucinatoria. Coleridge, Jung e Oliver Sacks arricchiscono la riflessione dei curatori Francesco Liggieri e Christian Palazzo, volta a sottolineare la centralità della visione come atto creativo.
Tra autobiografia, letteratura e storia
I lavori di Eleonora Rinaldi (Udine, 1994) nascono da un processo di raccolta e rielaborazione di frammenti visivi e narrativi, che mescola autobiografia, letteratura e storia. Il disegno è il punto di partenza di una pittura stratificata; le composizioni pittoriche invitano a perdersi nelle cromie vibranti e negli aloni luminosi, oltre le coordinate spazio-temporali, suscitando stupore, fragilità e meraviglia.
Il fruitore viene immerso in atmosfere vellutate dove sparuti steli di fiori diradano le tenebre. Nel dipinto “L’idée du Déluge”, tra i ciuffi d’erba, una nidiata di rettili è acciambellata accanto a un corpo femminile, sdraiato sulla sponda di uno specchio d’acqua. La ninfa, con la testa adagiata su un cuscino e un tronco, forse in dormiveglia, pare riappropriarsi di una selvaticità innata. Il titolo del dipinto riprende alcuni passi da Les Illumination di Arthur Rimbaud: “Non appena l’idea del Diluvio si fu placata, una lepre si fermò tra il fieno e i campanellini mobili e recitò la sua preghiera all’arcobaleno attraverso la tela del ragno. Oh! Le pietre preziose che si nascondevano, i fiori che già occhieggiavano”. Andando avanti si legge anche: “Da allora, la Luna udì gli sciacalli ululare nei deserti di timo, e le egloghe con gli zoccoli brontolare nel frutteto. Poi, nel bosco viola, rigoglioso, Eucharis mi disse che era primavera”. Il bosco viola prende vita grazie alla pittura, le corolle ovattate affiorano come petardi nel chiarore lunare.
Fonte: Il Sole 24 Ore