Elettronica, aziende in crescita ma dove sono ingegneri, progettisti e tecnici?

Elettronica, aziende in crescita ma dove sono ingegneri, progettisti e tecnici?

«Concretezza». Ci vorrebbe soprattutto questo per migliorare l’attrattività del nostro Paese verso i talenti dell’hi tech dell’elettronica e dell’elettrotecnica. Per lo più ingegneri, progettisti, tecnici. Quindi «semplificare gli aspetti burocratici, investire seriamente sulla formazione tecnica e professionale, creare agevolazioni reali per le imprese. Ma soprattutto occorre una comunicazione diversa e più positiva sul mondo industriale italiano, che resta ancora troppo sottovalutato rispetto alla sua effettiva capacità di offrire futuro e opportunità di crescita». Andrea Moretti è l’amministratore delegato di Palazzoli, una media impresa dell’ampio settore dell’elettrotecnica e dell’elettronica. Fattura 70 milioni di euro e negli ultimi 3 anni è costantemente cresciuta del 10% grazie allo sviluppo internazionale e all’innovazione. Nei prossimi anni continuerà le assunzioni con ritmi sostenuti. I dipendenti sono 200, considerando le attività internazionali diventano 300, gli ingressi in media sono 20 all’anno, nel 2024 sono stati 30 e «grazie agli investimenti in corso contiamo di mantenere questo ritmo nei prossimi anni».

La crescita del settore

Il settore dell’elettrotecnica e dell’elettronica ha superato i 100 miliardi di giro d’affari in Italia ed è alle prese con uno sviluppo senza precedenti, grazie alla doppia transizione green e digitale, ma anche con la mancanza di profili con competenze tecniche e specialistiche. Tre aziende su quattro parlano di carenza di tecnici e operai specializzati che ormai rappresentano l’85% delle assunzioni stando ai dati dell’Anie, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese del comparto. È un grande tema su cui si trovano allineati i manager di imprese di medie dimensioni, ma anche di multinazionali. I piani di assunzione delle imprese devono fare i conti con un mercato dove c’è una concorrenza molto forte che arriva da altri settori. Ne sa qualcosa Michele Viale, managing director di Alstom in Italia. Nel nostro Paese la multinazionale ha 4.300 dipendenti, cresciuti di quasi 600 unità negli ultimi due anni. «Il settore ferroviario in Italia rappresenta una filiera tecnologica da 6,4 miliardi di euro di fatturato nel 2023, di cui il 23% destinato all’ export, con oltre 20mila addetti diretti – dice Viale – . Un sistema caratterizzato da un grande dinamismo e da una costante crescita, sostenuta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dal Fondo IPCEI. Nonostante questo, il settore ferroviario compete sempre più con automotive, energia e logistica per attrarre profili tecnici specializzati, a causa della crescente trasversalità delle competenze e dell’attrattività percepita di altri comparti». Solo nel 2024 Alstom in Italia ha inserito oltre 400 nuove risorse, «un dato che riflette la crescita sostenuta dell’azienda e la volontà di continuare a investire sul capitale umano – afferma Viale -. Con i progetti in corso e gli investimenti previsti fino al 2026, ci aspettiamo di continuare su questo trend, soprattutto su profili tecnici, ingegneristici e digitali». Uno scenario in cui si ritrova anche Emiliano Diotallevi, country HR di Abb che, in Italia, gestisce circa 500 posizioni, con una distribuzione che vede il 51% di early talents, il 44% di professionisti con più di 2 anni di esperienza, il 5% di middle manager e l’1% di top manager. «La previsione per il 2025 è di mantenere o superare questi volumi, grazie ai progetti in corso e all’espansione di alcune aree chiave», spiega Diotallevi. Non senza difficoltà. Attualmente, una delle principali, riguarda «la crescente scarsità di competenze tecniche specialistiche, in particolare in ambiti come l’automazione industriale, l’elettrificazione e la digitalizzazione. Il mercato è molto competitivo e i talenti con queste competenze sono fortemente richiesti, non solo nel nostro settore», dice il manager di Abb. Quadro non molto diverso quello raccontato da Ludovica Zigon, board member e sales director del Gruppo GETRA, che produce trasformatori di grande potenza in alta tensione e sistemi di interconnessione delle reti elettriche ed è coinvolto in un numero rilevante di progetti strategici nazionali ed internazionali. Nel gruppo «c’è necessità di un potenziamento continuo della forza lavoro, sia nei reparti produttivi sia nelle aree di progettazione e ingegneria, contribuendo in modo diretto all’espansione occupazionale», dice Zigon. Il gruppo industriale ha oltre 300 dipendenti in Italia e all’estero, 2 stabilimenti in Campania e una Branch a Dubai. «Cerchiamo profili tecnici: ingegneri elettrici, progettisti meccanici, tecnici di processo, ma anche esperti di digitalizzazione industriale, project manager e profili con competenze sul tema della sostenibilità – elenca Zigon -. Negli ultimi tre anni abbiamo assunto 130 persone tra ingegneri, tecnici ed operai specializzati. La tendenza continua ad essere in crescita soprattutto considerando l’evoluzione dei mercati internazionali e l’impegno nel Pnrr e nei progetti europei».

Il rallentamento dei progetti

Prospettive di crescita sì, ma c’è «una difficoltà crescente nel reperire profili tecnici, in particolare giovani con formazione industriale e competenze STEM. Il disallineamento tra le esigenze del mondo produttivo e l’offerta formativa è evidente. Se questo trend non verrà invertito, il rischio concreto è quello di rallentamenti nei progetti o di dover rinunciare a opportunità importanti per mancanza di risorse adeguate», continua Zigon. A parlare di questo tema è una quota rilevante di imprese, stando a uno studio di Teha group con il Servizio studi di Anie (l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese del comparto) e il contributo del Research department di Intesa Sanpaolo. Tre imprese su quattro parlano di carenza di tecnici e operai specializzati che ormai rappresentano l’85% delle assunzioni. Il tema riguarda più che la quantità di candidature, la loro preparazione a ricoprire i posti disponibili. Questa situazione, in prospettiva, potrebbe avere un impatto molto negativo. Il 70% dice infatti di aver dovuto rallentare o sospendere progetti strategici, mentre il 29% ha perso opportunità di mercato. In un caso e nell’altro è evidente la centralità del capitale umano anche nelle aziende più tecnologiche e automatizzate. E il 64% parla di difficoltà anche a trattenere i talenti, per via della forte concorrenza di altri settori, molto più agguerrita del passato.

La difficoltà di reperimento

La difficoltà di reperimento non è un problema temporaneo che si è affacciato adesso nel mercato del lavoro. Prendendo gli anni 2017 e 2023 la difficoltà di reperimento è passata dal 37% al 58% per arrivare al 64% del 2024. Si tratta di un trend in continua crescita di fronte al quale le imprese stanno lavorando al loro interno con politiche mirate su formazione, orientamento e valorizzazione del lavoro tecnico, in un contesto esterno molto complesso dove si sommano numerose criticità che vanno dalla doppia transizione green e digitale, alla crisi demografica.

Fonte: Il Sole 24 Ore