Emissioni giù del 28,7% dal 1990. Pnrr, erogato il 34% delle risorse
La transizione ecologica italiana rischia di non rispettare la tabella di marcia fissata a livello europeo e nazionale. È quanto emerge dal report «Zero Carbon Policy Agenda 2025» dell’Energy & Strategy School of Management del Politecnico di Milano – anticipato al Sole 24 Ore è – che analizza lo stato di avanzamento dei target Pniec (Piano Energetico Nazionale) e Fit for 55, confrontandoli con investimenti, trend emissivi e impatti economici. Nonostante il calo del 28,7% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990 e investimenti per 101 miliardi di euro nel 2024 su rinnovabili, efficienza energetica, infrastrutture e mobilità sostenibile, l’Italia si colloca alle spalle dei principali competitor Ue sia per crescita del Pil sia per efficienza del sistema produttivo. La riduzione delle emissioni è stata accompagnata da una crescita economica inferiore alla media Eu (46% contro 63% dal 2005 al 2024), segno che il calo dell’intensità emissiva nazionale deriva soprattutto da una crisi delle industrie energivore, più che da un salto di qualità tecnologico.
Il nodo investimenti
Secondo Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy e responsabile del rapporto, la vera questione è la diminuzione dell’efficacia marginale degli investimenti: «Non è che i primi investimenti fossero più produttivi in assoluto, ma aggredivano il problema partendo dalle soluzioni più semplici. Man mano che si procede verso il target zero, è naturale che il costo per togliere ulteriori tonnellate di CO2 aumenti: serve agire su comparti più complessi e costosi, come lo storage e il sequestro della CO2, tecnologie ancora molto care». Questa dinamica, secondo Chiaroni, «è comune a tutta Europa, ma in Italia si è aggiunta una certa inefficienza nell’uso delle risorse pubbliche, pensiamo al Superbonus e al Pnrr: molte risorse a disposizione, ma impiegate con fatica ed effetti poco incisivi».
Le proposte operative
La Policy Agenda del report individua dieci pilastri:rinnovabili, efficienza energetica, infrastrutture di rete, mobilità sostenibile, comunità energetiche, economia circolare, carbon markets, CCUS (cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio) , nucleare e misure trasversali. Per ciascun pilastro sono delineate proposte normative e operative. Tra le misure chiave: lo studio di prefattibilità obbligatorio sulla renewable readiness per ristrutturazioni edilizie, l’introduzione di parametri trasparenti (come il rapporto CO2/euro investito), nuovi strumenti di accesso al credito, la digitalizzazione dei consumi attraverso contatori intelligenti, la promozione delle comunità energetiche, il rafforzamento della ricerca nel settore nucleare e l’applicazione semplificata della Corporate sustainability reporting directive alle Pmi.
A livello nazionale, il Pnrr ha allocato 79,6 miliardi su sette pilastri, ma solo il 34% delle risorse è stato erogato. La media di avanzamento è al 21 per cento. La situazione è migliore sul fronte delle riforme, dove l’87% degli obiettivi previsti è stato raggiunto.
Obiettivi fuori portata
Il report è netto: «Alcuni target al 2030 non sono raggiungibili. Serve fissare, invece, traguardi più realistici e accelerare il passo». Chiaroni individua come leve concrete «rinnovabili ed efficienza energetica: sono i due ambiti numericamente più pesanti e più aggredibili con provvedimenti correttivi. Serve una traiettoria di sviluppo chiara e stabile, con strumenti fiscali utilizzabili da imprese e cittadini, recuperando, ad esempio, il meccanismo dello sconto in fattura in versione più sostenibile».
Fonte: Il Sole 24 Ore