
Emissioni, il percorso per la net-zero al 2050 e il ruolo delle imprese
Cementifici, acciaierie, cartiere, vetrerie, imprese siderurgiche, chimiche, energetiche: sono le industrie hard to abate, in cui il taglio della CO2 è più difficile, per la grande quantità di combustibili usati e per i processi produttivi che, per loro natura, generano anidride carbonica come sottoprodotto. Sono tra le maggiori responsabili delle emissioni, anche se il loro apporto è migliorato negli anni. E il percorso rimane lungo per raggiungere la neutralità carbonica, o net-zero, al 2050 chiesta dall’Ue, per cui tutti i gas serra prodotti devono essere compensati.
Il ruolo delle industrie
Secondo gli ultimi dati Ispra relativi al 2023 i settori che maggiormente producano gas climalteranti sono i trasporti (28% del totale nazionale), i settori della produzione di energia (21%), il residenziale (18%) e l’industria manufatturiera (13%), l’agricoltura (8%) e i processi industriali (6%). Ispra rileva che nel 2023, le emissioni nazionali sono diminuite del 26% rispetto ai livelli del 1990. Questo andamento è dovuto all’aumento dell’efficienza energetica da fonti rinnovabili nei settori industriali e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio. Le emissioni di gas serra sono in calo anche rispetto all’anno precedente (2022) del 6,8% raggiungendo un totale pari a 385 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Gli obiettivi di emissioni
Nello specifico, la discesa è da attribuire prevalentemente alla riduzione delle emissioni dalle industrie energetiche che nel 2023 hanno tagliato le emissioni del 47,3% rispetto al 1990 pur a fronte di un aumento della produzione, del comparto manifatturiero (-45,2%) e dei processi industriali (-40,5%). Aumentano invece le emissioni prodotte dal settore dei trasporti, che derivano per oltre il 90% dal trasporto stradale: sono oltre il 7% in più rispetto al 1990. Questo ha causato un rallentamento non sufficiente delle emissioni: nel quadro degli obiettivi nazionali stabiliti dal regolamento europeo Effort Sharing, che prevede per l’Italia una riduzione entro il 2030 del 43,7% rispetto al 2005 delle emissioni prodotte da trasporti, residenziale (riscaldamento degli edifici), agricoltura, rifiuti e industria non-Ets, la mancata diminuzione delle emissioni dei trasporti ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti, fino al loro superamento registrato nel 2021 (per 5,5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente) e nel 2022 (per 5,4) e nel 2023 (per 8,2), sempre certificati da Ispra e per cui nei prossimi anni si potrà andare incontro a sanzioni.
Il sistema Ets
Le aziende sottoposte all’Ets (Eu emissions trading system), il sistema europeo di scambio di certificati verdi per compensare le emissioni, sono proprio quelle hard to abate. L’ultimo rapporto disponibile compilato dal Gse e relativo al primo trimestre 2025, indicava un valore complessivo dei proventi delle aste per i certificati in Italia pari a 655,6 milioni di euro (+22% sul 2024), da cui si può dedurre l’impegno economico delle imprese. Che dovrebbe finanziare tuttavia la transizione: i proventi delle aste Est supportano il decreto legge del 28 febbraio 2025 n. 19 che stanzia, per il 2025, 600 milioni di euro per il finanziamento del Fondo per la transizione energetica nel settore industriale, incrementandone la dotazione rispetto a quanto precedentemente stabilito. O il decreto legge del 31 dicembre 2024 n. 208 che destina, per il periodo 2025-2027, 45 milioni di euro l’anno per finanziare l’attività del Gse come garante di ultima istanza in contratti Ppa (power purchase agreement).
Le tecnologie
Per quanto riguarda le tecnologie, oltre a elettrificazione, con sviluppo delle rinnovabili e dei sistemi di stoccaggio e di rete connessi, alle sperimentazioni con l’idrogeno – su cui continuano a pesare gli alti costi di produzione – e all’avanzamento sul fronte della cattura della CO2, con Eni e Snam impegnate nella messa a punto della prima infrastruttura di questo tipo in Italia, a Ravenna, e studi di fattibilità iniziati da cementerie e inceneritori, grande fermento c’è nel campo del biometano. Il processo che dalla fermentazione anaerobica di deiezioni animali, scarti agricoli, frazione organica dei rifiuti produce il gas che usiamo per riscaldarci, pronto per l’immissione in rete, sta attraendo investimenti e progetti, sulla spinta degli incentivi del Pnrr che hanno appena avuto il via libera del Consiglio europeo per un incremento della quota inizialmente dedicata.
Fonte: Il Sole 24 Ore