Energia, preoccupazione delle aziende italiane dopo i prezzi calmierati tedeschi
La Germania torna a muoversi da sola sul fronte energetico e annuncia un intervento massiccio a sostegno della propria industria energivora con l’introduzione dal prossimo gennaio di un prezzo politico dell’elettricità fissato a 50 euro al MWh per tre anni, una misura che favorirà settori strategici come carta, acciaio, chimica, vetro ma anche automotive. L’Italia ed altri Stati dell’Ue denunciano una distorsione della concorrenza resa possibile dall’ampio margine fiscale tedesco, incolmabile per Paesi con finanze pubbliche più rigide.
Germania e poi Regno Unito
Ma anche il Regno Unito, fuori dall’Ue ma in competizione diretta sui mercati internazionali, sta ampliando i propri sostegni agli energivori. Dal 2026 aumenterà la Network Charging Compensation dal 60% al 90% per le industrie ad alta intensità energetica, garantirà l’esenzione totale dai costi su rinnovabili e capacity market, e con la British Industrial Competitiveness Scheme punta a ridurre i costi per un numero crescente di imprese fino al 2027. Il governo britannico ha inoltre annunciato un nuovo Connections Accelerator Service, operativo entro il 2025, per velocizzare l’accesso alla rete elettrica dei grandi progetti industriali.
Frammentazione competitiva
«L’Europa rischia una frammentazione competitiva senza precedenti», ha affermato il presidente di Assocarta Lorenzo Poli: «Se alcuni Paesi possono permettersi maxi-sussidi e altri no, il mercato unico perde credibilità. Le cartiere italiane stanno affrontando costi energetici tra i più alti d’Europa, senza strumenti equivalenti a quelli tedeschi o britannici. Così non si compete: si sopravvive. Serve un quadro europeo uniforme, stabile e realmente equo, oppure l’industria italiana pagherà un prezzo altissimo».
E con Assocarta la reazione del mondo industriale è stata immediata. Federacciai ha ricordato come Bruxelles abbia imposto limiti severi all’Energy Release italiano, rinviandone l’entrata in vigore e bloccando di fatto un meccanismo che — diversamente da quello tedesco — non è un sussidio, ma un anticipo da restituire nel tempo. Due pesi e due misure che mettono a rischio la competitività delle imprese italiane ed europee che non possono permettersi interventi analoghi.
Prezzo unico europeo
Sabato scorso, il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, aveva parlato di «profonde asimmetrie» nel mercato europeo: «Mentre alla Germania viene riconosciuto un tetto triennale estremamente favorevole, l’Italia è stata bloccata e ritardata su Energy Release, con un intervento della Commissione che ne ha fatto slittare l’entrata in vigore di un anno, penalizzando imprese già sotto forte pressione competitiva. Se l’Europa permette ai Paesi con maggiore capacità fiscale di garantire prezzi dell’energia che spiazzano qualsiasi concorrenza, l’Europa stessa rischia di implodere. Non è sostenibile continuare con un’interpretazione delle norme che favorisce pochi e danneggia molti. È l’opposto di ciò che Mario Draghi ha indicato nel suo rapporto: servono un prezzo unico europeo dell’energia e un fondo comune per sostenere la decarbonizzazione. Solo così si può costruire un’industria europea competitiva e un mercato davvero integrato».
Fonte: Il Sole 24 Ore