entrate statali in crescita di 13,8 miliardi

entrate statali in crescita di 13,8 miliardi

Non servono manovre correttive perché «miracolosamente abbiamo fatto le previsioni giuste», ha ironizzato due settimane fa Giancarlo Giorgetti confermando nel question time al Senato l’obiettivo ufficiale del Governo di ridurre il deficit al 3,3% quest’anno per scendere sotto al 3% nel 2026. Nelle carte del confronto con il Fondo monetario, pubblicate con l’ultimo rapporto sul Paese, ha però fatto capolino un «miracolo» ancora più deciso di quello evocato a Palazzo Madama dal ministro dell’Economia, con l’ipotesi di un anticipo ulteriore nel ritorno dell’indebitamento netto sotto la soglia di Maastricht. Perché i «dati preliminari suggeriscono che l’Italia potrebbe essere in grado di uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo già il prossimo anno», chiudendo quindi il 2025 appena sotto il fatidico 3% come si legge nel «Buff statement», le dichiarazioni del direttore esecutivo dell’Fmi per l’Italia che incorporano i commenti di Bankitalia e Mef. Restando ancorati al programma ufficiale, invece, l’addio alla procedura arriverebbe nel 2027 dopo l’esame del consuntivo 2026. Su cosa si basano queste speranze?

I conti

La loro origine può essere cercata nell’assestamento di bilancio, che attende ora l’approvazione finale della Camera dopo il via libera ottenuto giovedì scorso al Senato. Lì non c’è tutta la risposta, perché il tradizionale aggiustamento di metà anno migliora l’indebitamento netto solo di 500 milioni (Sole 24 Ore del 1° luglio), e del resto il percorso verso il 3% è ancora lungo e circondato da incognite. Ma indicazioni importanti si incontrano nelle parti più importanti delle 4.314 pagine del documento, di solito circondato da un quasi corale disinteresse della politica pur riportando dati più ancorati alla realtà effettiva rispetto ai preventivi autunnali che invece accendono dibattiti infiniti.

Nuovo sprint del fisco

Qualche numero inquadra le dinamiche. Prima di tutto le entrate finali, quelle al netto dei prestiti, crescono di 13,883 miliardi rispetto alle previsioni iniziali (15,729 miliardi in termini di cassa), e arrivano quindi a 744,637 miliardi con un aumento del 2,2% rispetto alle ipotesi di base. Sfortunatamente sono cresciute anche le spese, che cumulano 13,109 miliardi in più trainate dall’ormai abituale corsa dei crediti d’imposta (alle imprese e all’edilizia) insieme a compensazioni e rimborsi fiscali. Ma è la corsa degli incassi a rappresentare una caratteristica ormai abituale del bilancio italiano, che dalle sorprese positive nella colonna delle entrate è già riuscito più volte nell’ultimo anno e mezzo a correggere al ribasso le stime sul deficit. Il motore è acceso ancora una volta dalle sostitutive delle imposte sui redditi, in particolare le ritenute su interessi e premi da istituti di credito, che puntano 5,99 miliardi sopra le previsioni iniziali. Ma la crescita è vivace anche nell’Irpef, che mette a segno un +1,95 miliardi mentre l’Ires spinge con 440,8 milioni in più. Tanta allegria fiscale può stupire dopo che il Documento di finanza pubblica di aprile ha dovuto dimezzare, da +1,2% a +0,6%, la crescita prevista per il Pil (frenata che si fa sentire sull’Iva: -1,06 miliardi).

La benzina delle entrate

Ma la sua genesi può essere individuata in un mix di più fattori: il punto di partenza è nella prudenza tradizionale nelle proiezioni della Ragioneria, utile a costruire cuscinetti finanziari per ogni evenienza. Su questa base interviene l’aumento costante dell’occupazione, che allarga la platea dei contribuenti e rema nella stessa direzione della «tax compliance», quell’insieme di iniziative messe in atto per spingere l’adempimento spontaneo agli obblighi tributari con qualche successo riconosciuto anche dalla Corte dei conti.

Fonte: Il Sole 24 Ore