Ex Ilva, dal 4 dicembre stop all’altoforno 2. Il siderurgico di Taranto scende ad un solo impianto in marcia

Dal 4 al 11 dicembre Acciaierie d’Italia, ex Ilva, fermerà nello stabilimento di Taranto l’altoforno 2, uno dei due rimasti attualmente operativi, visto che l’1 è fermo da agosto. L’azienda ha ufficializzato lo stop con una comunicazione ai sindacati metalmeccanici nel pomeriggio dell’1 dicembre. Le manovre di avvio alla fermata cominceranno probabilmente lunedì. L’impianto è dato in ripartenza dopo il 13 dicembre ma i sindacati sono scettici al riguardo e citano, a titolo di esempio, quanto accaduto con l’altoforno 1.

Doveva restare fermo un mese ad agosto per consentire di completare l’installazione dei filtri ambientali Meros sull’agglomerazione (laddove vengono preparati i minerali da caricare negli altiforni) ed invece é ancora fermo. Come ferma da allora è anche l’acciaieria 1, una delle due dello stabilimento. Con lo stop dell’altoforno 2 (si é anche vagliata l’ipotesi di fermare l’altoforno 4 ma poi si è deciso di lasciarlo in marcia e andare sul 2), il siderurgico resta con un solo altoforno attivo. Minimo storico.

Questo significa una produzione di 5.000-5.500 tonnellate di ghisa al giorno da trasformare in acciaio, in un quadro che vede i livelli produttivi già depressi. Prova ne è che quest’anno si produrranno 3 milioni di tonnellate contro gli annunciati 4 milioni. Tutti da valutare, poi, ulteriori impatti della fermata sul personale. Per i sindacati ci potrebbe essere un’estensione della cassa integrazione in corso, coinvolgendo altre 250 unità, considerato che viene temporaneamente fermata anche la batteria 7 delle cockerie.

L’altoforno 2 viene fermato – ha spiegato l’azienda alle sigle metalmeccaniche – perché a monte si è usurato, ed è quindi inagibile, il nastro trasportatore che fa arrivare all’impianto le materie prime. Il nastro è periodicamente soggetto a logorio e da tempo Acciaierie soffre la mancanza di ricambi che non vengono acquistati per le note difficoltà economiche in cui versa l’azienda. Ma anche sul particolare del nastro trasportatore che non funziona, i sindacati dissentono. Vedono piuttosto nella fermata dell’altoforno un ennesimo tentativo di Mittal di forzare la trattativa in corso che ha un nuovo appuntamento nell’assemblea dei soci del 6 dicembre.

C’è poi l’inagibilità di una gru portuale. Le materie prime arrivano infatti via mare, le navi le scaricano agli sporgenti della fabbrica e poi i nastri trasportatori provvedono a smistarle all’interno. Il combinato nastro trasportatore-gru fuori uso ha spinto l’azienda a dover ricorrere ai camion per la movimentazione ma questo ha creato difficoltà di smaltimento. A ciò si aggiunga che c’è pure una questione materie prime il cui approvvigionamento da parte di Acciaierie è attualmente contingentato sempre per problemi di liquidità. Mentre prima l’azienda beneficiava di credito, adesso i fornitori di materie prime pretendono da Acciaierie il pagamento allo sbarco e questo non sempre avviene. A volte avviene anche parzialmente rispetto al carico trasportato. E così, come in questi giorni, aumenta il numero di navi ferme nella rada di Taranto in attesa di scaricare per il siderurgico. Tutto ciò determina un impatto di costi aggiuntivi da fronteggiare: le controstallie da versare alla compagnia armatoriale, che per ogni giorno di sosta forzata sarebbero pari, in base alle dimensioni della nave, da 15mila a 30mila dollari.

Fonte: Il Sole 24 Ore