Export alimentare, i dazi di Trump ci costano 800 milioni di euro. Grana Padano: tariffa più che raddoppiata

Export alimentare, i dazi di Trump ci costano 800 milioni di euro. Grana Padano: tariffa più che raddoppiata

Tra i 700 e gli 800 milioni di euro di mancato export verso gli Usa. È questo il prezzo che l’agroalimentare made in Italy dovrà pagare sull’altare dei dazi imposti dal presidente Trump. I calcoli arrivano da Federalimentare: il contraccolpo per l’Italia sarà «di un -10% sui fatturati e un -30% nei volumi dell’export», ha detto il suo presidente, Paolo Mascarino. Considerato che nel 2024 le esportazioni agroalimentari italiane verso gli Usa sono state di 7,8 miliardi di euro – pari a circa un decimo di tutte le esportazioni del comparto – i conti sono presto fatti. E addio anche ai tassi di crescita dell’anno scorso, quando il food & wine made in Italy diretto Oltreoceano ha messo a segno una crescita del 17%.

«Federalimentare – ha aggiunto Mascarino – è convinta che sarà decisivo poterci presentare in Ue con una proposta univoca e pragmatica che metta al centro gli interessi nazionali e del nostro comparto alimentare. Per questa ragione, così come è avvenuto in Spagna e Francia, chiediamo al governo di essere convocati insieme a Confindustria». Anche Confcooperative Fedagripesca è preoccupata, per i suoi associati il mercato Usa rappresenta il 30% di tutto il vino e il 25% dei formaggi venduti all’estero: «Si apre un problema di competitività che coinvolge tutte le aziende del comparto – ha detto il presidente di Fedagripesca, Raffaele Drei – perché l’effetto depressivo coinvolgerà l’intero mercato». Più in generale, il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, stima «per ogni 10% di calo dei volumi il rischio di perdita di 15mila posti di lavoro in tutta Italia». In prima battuta, dazi costeranno ai consumatori americani: Coldiretti stima un impatto per loro da 1,6 miliardi di euro, con un calo delle vendite che danneggerà le imprese italiane, oltre ad incrementare il fenomeno dell’Italian sounding: «L’Italia e l’Europa – sostiene il suo segretario generale, Vincenzo Gesmundo – devono portare avanti il dialogo poiché la logica dei dazi e controdazi è controproducente per tutti». Anche Centromarca ha avviato un’indagine per misurare l’impatto dei dazi Usa: sembra che il 47% dei consumatori americani manterrà la quantità di prodotti italiani acquistati, mentre il 30% la ridurrà, e solo il 16% si dice disposto a pagare di più per continuare ad acquistare made in Italy. I cinque prodotti italiani più comprati? Pasta (50% di citazioni), olio di oliva (46%), formaggi (38%), salse (37%) e vino (33%), segno dunque che l’agroalimentare sarà tra i settori più colpiti.

Il solo comparto degli alcolici vale oltre 2 miliardi di euro di esportazioni verso gli Usa, ricorda Federvini: «La decisione di applicare dazi rappresenta un danno gravissimo per il nostro settore – ha detto la sua presidente, Micaela Pallini – sappiamo bene quanto possa costare: in passato queste misure ci hanno portato a perdere fino al 50% delle esportazioni verso gli Usa». Più ottimista il Consorzio del Parmigiano Reggiano: «La notizia dei dazi di certo non ci rende felici – si legge in una nota diffusa a caldo mercoledì notte – ma il Parmigiano Reggiano è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente a una riduzione dei consumi. Ci rimboccheremo le maniche per sostenere la domanda in quello che è il nostro primo mercato estero». Più combattivo invece il Consorzio del Grana Padano, per il quale gli Usa (con 215mila forme) rappresentano il terzo mercato di sbocco, che contesta i calcoli: «Finora su ogni forma esportata era applicato un dazio pari a 2,4 euro al chilo – spiega il dg del consorzio, Stefano Berni – con l’aumento del 20%, il prelievo allo sbarco salirà a quasi 6 euro. Ma il 39% esibito sulle tabelle di Trump non è vero per quanto riguarda il caseario, perché il dazio all’ingresso nella Ue per i formaggi americani è di circa 1,8 euro al kg, quindi inferiore a quanto noi da sempre paghiamo».

Assica ricorda che il mercato statunitense è la terza destinazione per l’export italiano di salumi, con 20.188 tonnellate vendute nel 2024, un valore di 265 milioni di euro e un tasso di crescita del 20,4% che «potrebbe essere gravemente compromesso dai dazi». Confagricoltura indica nell’olio d’oliva, nella pasta, nei sughi pronti e in alcuni vini i beni italiani che saranno più colpiti dai dazi: «Come Italia usciamo sicuramente penalizzati, in particolare per quanto riguarda i prodotti di fascia media – ha detto il suo presidente, Massimiliano Giansanti – fondamentali saranno le misure previste per sostenere i settori più colpiti: non dimentichiamo infatti che rischiamo anche un massiccio riversamento di prodotti da altri Paesi che subiranno le tariffe americane, per esempio la Cina».

Fonte: Il Sole 24 Ore