Finale Champions, l’Inter americana contro il Psg qatariota dal fatturato doppio
Nella carica di presidente viene insediato Nasser Ghanim al-Khelaïfi, presidente della Federazione qatariota e vicepresidente della Federazione asiatica di tennis, che dà subito fuoco alle polveri con campagne di mercato faraoniche che portano a esibirsi al Parc des Princes, tra gli altri, Pastore, Beckham, Lavezzi, Verratti, Thiago Silva, Ibrahimović, Lucas, Cavani e Di Maria. Spese per oltre 600 milioni che hanno spingono il Psg al vertice del calcio europeo per risultati (con titoli francesi messi in bacheca in serie e una partecipazione costante alle fasi finali della Champions) e anche per fatturato, con proventi che schizzano verso il mezzo miliardo.
Una crescita esponenziale a cui Doha, come detto, contribuisce con le sponsorizzazioni del gruppo Ooredoo, società di telecomunicazioni del Qatar, o della Qatar National Bank. Ma soprattutto attraverso l’accordo con la Qatar Tourism Authority. Il contratto tra Psg e Qta firmato nel dicembre 2012 prevede il riconoscimento di premi tra i 150 e i 200 milioni di euro all’anno. La Uefa ha contestato queste transazioni che aggirano i paletti del fair play finanziario irrogando al Psg (blande) sanzioni nel maggio 2014, tra cui una multa di 60 milioni. Per il Qatar, però, più che un canonico contratto di sponsorizzazione la partnership con il Psg rappresenta una forma di promozione unica per il paese, anche in vista dei Mondiali di calcio 2022 e va salvaguardata e prolungata almeno fino a quell’appuntamento.
L’evoluzione dei due club/L’Inter
L’Inter dal 2010 a oggi ha cambiato tre proprietà, passando prima dalle mani della famiglia Moratti a quelle dell’indonesiamo Erik Thohir, e poi da quelle di Suning e della famiglia Zhang al fondo Usa Oaktree. Una girandola di azionisti di riferimento che hanno investito (specie Suning nei primi anni spendendo quasi un miliardo) per tenere la squadra ai vertici del calcio italiano ed europeo in un contesto non sempre favorevole, in particolare, con la “tempesta perfetta” abbattutasi sul club tra la pandemia (che ha colto l’Inter in una fase espansiva di investimenti sul mercato) e il disimpegno della famiglia Zhang, costata in quattro anni, dal 2019 al 2023, 573 milioni di rosso (in media 150 milioni all’anno).
Nella stagione 2023/24 si è tuttavia registrato il record di fatturato (473 milioni) e un deficit di appena 36 milioni. L’entusiamante campagna Champions ha portato un bottino che si avvicina ai 200 milioni di ricavi tra bonus Uefa (oltre 135) e circa 35 circa di incassi al botteghino (alzare il trofeo varrebbe altri 6,5 milioni, a cui sommare altri 4/5 milioni per l’eventuale match della Supercoppa Uefa), spingendo il prossimo bilancio in attivo e il fatturato ben oltre la soglia del mezzo miliardo.
Un abbrivio da non perdere per affrontare al meglio la cruciale stagione 2026/27 in cui occorrerà far fronte alla scadenza del bond da 415 milioni (Oaktree ne ha già riacquistato 15 milioni e sta lavorando al rifinanziamento in modo che non diventi un debito inferiore ai 12 mesi e quindi impattante sull’indice di liquidità) e riportare in territorio positivo il patrimonio netto (negativo al 30 giugno 2024 per 66 milioni) dopo aver usufruito, come tutte le aziende italiane per cui il Governo ha ammesso questa facoltà durante l’emergenza Covid, del rinvio quinquennale delle perdite subite nel 2021 e 2022 (per 341 milioni in gran parte già coperte da apporti di capitale). In estate l’Inter è attesa, in ogni caso, da due passaggi cruciali: in campo il mondiale per club (al vincitore andranno fino a 125 milioni); e fuori, l’acquisto, insieme al Milan, dell’area di San Siro per poter finalmente accelerare il processo di costruzione del nuovo stadio.
Fonte: Il Sole 24 Ore