Finanza di progetto, prelazione, accesso agli atti: stop di Bruxelles al Codice appalti

Finanza di progetto, prelazione, accesso agli atti: stop di Bruxelles al Codice appalti

Sette rilievi, sette pesanti contestazioni che ne mettono in crisi l’impianto, inclusi capitoli molto rilevanti, come l’accesso agli atti, il diritto di prelazione e tutta l’architettura della finanza di progetto. Bruxelles, con la missiva recapitata l’8 ottobre scorso all’Italia, ha fatto un ulteriore passaggio che, se non sanato in fretta, potrebbe trasformarsi in una procedura di infrazione con deferimento alla Corte di giustizia Ue per l’applicazione di una multa. E che potrebbe portare a una nuova riscrittura di molte parti del Codice appalti, a un anno dal correttivo. La lettera, firmata dal direttore generale della Dg Grow e indirizzata al ministro degli Esteri Antonio Tajani, riapre formalmente il procedimento di infrazione aperto nel 2018 e sospeso dopo l’adozione del correttivo di dicembre 2024.

Le richieste della Commissione

La Commissione europea chiede, in primo luogo, modifiche sul tema della riservatezza. Il Codice appalti stabilisce che sia consentito l’accesso del concorrente che lo richieda alle informazioni riservate, «incluse quelle relative a segreti tecnici e commerciali, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici». Questa normativa, però, non tiene conto di quanto stabilisce la direttiva 2014/24/Ue che lascia alla Pa la possibilità di non divulgare informazioni in alcune circostanze, come l’interesse pubblico, la presenza di interessi commerciali o questioni legate alla concorrenza. Nella sua analisi, la Commissione richiama inoltre l’ordinanza C-686/24 (Nidec Asi), sottolineando che il bilanciamento tra diritto di difesa e tutela dei segreti industriali deve essere realizzato caso per caso dall’amministrazione aggiudicatrice, non imposto in via generale dalla legge nazionale.

Il capitolo più corposo, però, riguarda la finanza di progetto: si tratta di un istituto non tipizzato a livello europeo, ma che deve rispettare i principi previsti dalle direttive. Si parte dalla presentazione del progetto da porre a base di gara. Le regole italiane, per Bruxelles, non presentano «le adeguate garanzie procedurali a presidio del rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e non-discriminazione». La stazione appaltante, cioè, non ha l’obbligo «di indicare in modo puntuale criteri di aggiudicazione oggettivi» e connessi all’oggetto della concessione, «che non le attribuiscano una incondizionata libertà di scelta». Per l’esecutivo comunitario, la semplice pubblicazione nella sezione «Amministrazione trasparente» non equivale a un bando di concessione ai sensi dell’articolo 31 della direttiva 2014/23/Ue, che impone l’invio dei bandi all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.

In materia di pubblicità l’ente concedente deve dare notizia della ricezione della proposta o dell’invito a presentare progetti nella sezione «Amministrazione trasparente». Una procedura troppo leggera per Bruxelles che, nelle sue direttive, stabilisce che «le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che intendono aggiudicare una concessione rendono nota tale intenzione per mezzo di un bando di concessione».

Fonte: Il Sole 24 Ore