
Fine vita: decisioni a un Comitato etico nazionale scelto da Palazzo Chigi e sarà escluso il Servizio sanitario
L’istituzione di un solo Comitato etico nazione al posto dei quelli a livello regionali attivati a esempio in Toscana dopo l’approvazione della legge regionale e poi l’esclusione del Servizio sanitario nazionale, la non punibilità dell’aiutante e l’obbligatorietà della messa a disposizione delle cure palliative. Sono alcuni dei punti principali pronti a entrare nella prima legge sul suicidio assistito a cui sta lavorando la maggioranza nel comitato ristretto sul fine vita riunitosi a Palazzo Madama. Il testo ormai è pronto in vista della sua presentazione nella prossima riunione del comitato di martedì. «Si stanno discutendo i singoli articoli e la prossima settimana, alla prima riunione utile delle commissioni congiunte di Giustizia e Sanità, il testo sarà presentato per l’avvio della discussione», ha spiegato la presidente della commissione Giustizia del Senato, la leghista Giulia Bongiorno. Secondo la bozza, che ha già fatto storcere il naso alle opposizioni perché istituirebbe un elenco di ostacoli alla libertà di scelta, nel Comitato nazionale di valutazione etica sono previsti 7 componenti nominati con decreto da Palazzo Chigi e che durano in carica cinque anni.
Il nuovo Comitato etico nazionale farà da filtro
Come si legge nelle bozze della legge a proposito del Comitato nazionale di valutazione etica sono previsti 7 componenti: un giurista scelto fra i professori universitari di materie giuridiche o gli avvocati abilitati al patrocinio di fronte alle giurisdizioni superiori, un bioeticista, un medico specialista in anestesia e rianimazione, un medico specialista in medicina palliativa, un medico specialista in psichiatria, uno psicologo e un infermiereun tutti nominati con Dpcm, che nomina fra questi il presidente, il vicepresidente e il segretario. Questo organismo unico nazionale farà da filtro a tutte le richieste senza più decisioni a livello locale: oggi in Toscana – l’unica Regione ad aver legiferato – la decisione viene assunta da un comitato etiico nominato a livello di simgola Asl. Spetterà a questo nuovo Comitato nazionale di valutazione etica esaminare le richieste delle persone che chiedono di accedere al suicidio medicalmente assistito (con 60 giorni per esprimersi, più altri 60) e se venisse accertato che non ci sono i requisiti previsti dalla sentenza della Consulta del 22 novembre 2019 (persona maggiorenne, con una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche insopportabili, inserita in un percorso di cure palliative, tenuta in vita con trattamenti sostituivi, pienamente capace di intendere e volere) l’interessato dovrà attendere «i successivi quarantotto mesi» prima di presentare una nuova istanza, pena l’inammissibilità. Tempo che le persone coinvolte – spesso malati in fase terminale – potrebbero non avere.
Escluso il Servizio sanitario e cure palliative da potenziare
Escluso, per ora, il servizio sanitario nazionale: il trattamento di fine vita non passerà dagli ospedali pubblici tranne per le persone disponibili al suicidio assistito e già ricoverate. “Non saranno costrette a uscire e l’aiutante entrerà in ospedale”, spiega Bongiorno. Confermata anche la non punibilità di chi accompagna la persona nell’ultimo miglio. Sulle cure palliative – uno dei nodi del disegno di legge sul fine vita – la bozza, proposta nella riunione del comitato ristretto oggi al Senato, prevede che ci sia un osservatorio istituito dall’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) per esaminare i progetti delle Regioni su queste cure. L’osservatorio poi dovrà inviare una relazione annuale al presidente del Consiglio, al ministero della Salute e ai presidenti di Camera e Senato, indicando anche “le Regioni che non hanno presentato il progetto di potenziamento delle cure palliative anche pediatriche, domiciliari e per ogni patologia”. Si prevede inoltre che eventuali residui delle somme destinate alle Regioni per quelle cure, e rimaste inutilizzate, siano restituite allo Stato e non potranno essere usate per altri scopi. Indicato, infine, il 2028 come termine entro il quale le Regioni devono cercare di raggiungere gli obiettivi previsti per le cure palliative, citando “il 90% della popolazione interessata”.
Fonte: Il Sole 24 Ore