Fipe: vigilare sui contratti pirata nei pubblici esercizi, dannosi per dipendenti e concorrenza

Fipe: vigilare sui contratti pirata nei pubblici esercizi, dannosi per dipendenti e concorrenza

Fipe Confcommercio torna puntare il dito contro la giungla contrattuale che affligge il settore dei pubblici esercizi. Un settore dove si contano oltre 40 i contratti collettivi ufficialmente depositati nell’archivio nazionale del Cnel.

«Alcuni contratti – denunciano dalla Fipe – sono sottoscritti da organizzazioni sindacali dotate di una scarsa rappresentatività che cercano, spesso con successo, di attirare l’attenzione degli imprenditori abbattendo drasticamente il costo del lavoro, cioè stabilendo trattamenti retributivi e normativi peggiorativi per i lavoratori». L’indagine della Fipe, attraverso una simulazione su dieci figure professionali, evidenzia gli evidenti divari retributivi e normativi derivanti dall’applicazione di alcuni “contratti pirata”. Solo per fare un esempio sulla parte economica dei contratti, la retribuzione annuale di un cuoco può variare anche di 4mila euro.

Fortunatamente questi contratti trovano applicazione in un numero limitato di aziende, ma il fenomeno del cosiddetto “dumping contrattuale” e dei “contratti pirata”, secondo la Federazione di pubblici esercizi, «rischia di trasformarsi in una vera piaga per il settore, che non penalizza solo i dipendenti ma crea anche una concorrenza distorta tra le imprese».

Un fenomeno quindi su cui vigilare e da contrastare Con questi obiettivi la Fipe ha approntato un vero e proprio manuale, giunto alla seconda edizione – “Il dumping contrattuale nei Pubblici Esercizi | Stato dell’arte e strategie di contrasto” – che sarà presentato il 22 luglio presso la sede del Cnel, con la partecipazione prevista di Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Renato Brunetta, presidente Cnel; Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe; Giovanni Piglialarmi, ricercatore in diritto del lavoro presso il Dipartimento di Economia “Marco Biagi” dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

Fonte: Il Sole 24 Ore