Food Industry Monitor: rallenta la corsa dei ricavi. Risultati migliori per le aziende familiari

Food Industry Monitor: rallenta la corsa dei ricavi. Risultati migliori per le aziende familiari

Ancora previsioni di crescita per l’industria agroalimentare italiana, ma il trend mostra segni di rallentamento. L’andamento positivo dell’occupazione dovrebbe sostenere la domanda, ma non è facile compensare il calo di potere d’acquisto delle famiglie, a cui si aggiunge il clima di incertezza internazionale.

È lo scenario tratteggiato dall’11esimo Food Industry Monitor elaborato da Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Ceresio Investors: se nel 2024 i ricavi delle 870 imprese del campione monitorato sono cresciuti del 5,9%, nel 2025 la crescita dovrebbe fermarsi al 4,6% e nel 2026 al 4,4% (anche a causa della minore inflazione). Stesso andamento anche per l’export che è previsto – in attesa di capire se i dazi di Trump fermeranno l’asticella su un relativamente sostenibile 10% – ancora in espansione, seppur a ritmi più bassi: +7,3% nel 2025 e + 7% nel 2026.

Il settore continua a registrare, dicono da Pollenzo, «buoni livelli di redditività commerciale con un Ros al 5,7% (Return on sales, cioè il rapporto tra il risultato operativo e il fatturato, nda) e un Roic (redditività di in relazione al capitale investito, nda) al 6,9%». Valori positivi ma anche in questo caso in lieve calo rispetto agli anni precedenti, e che risentono anche della forte pressione promozionale praticata dalla Gdo per sostenere i volumi di vendita. La solidità finanziaria resta comunque elevata «con un indice di indebitamento pari ad 1,19 (mezzi di terzi su propri)».

«Le prospettive per il 2025 sono positive, ma andranno sicuramente riviste al ribasso in caso di attivazione dei dazi doganali e qualora l’evoluzione della guerra in Medio Oriente comportasse una contrazione significativa della produzione di petrolio e dei flussi turistici – commenta Carmine Garzia, professore di Management e responsabile scientifico dell’Osservatorio -. L’introduzione di dazi potrebbe comportare una drastica riduzione delle esportazioni. Occorre considerare che solo alcuni player italiani hanno strutture produttive negli Usa e potrebbero quindi preservare le proprie quote di mercato, ma questa non è un’opzione alla portata di tutte le aziende».

Fonte: Il Sole 24 Ore