
Forza Italia calamita al centro: da Bicchielli a Silli, la carica dei transfughi verso gli azzurri
Antonio Tajani lo aveva detto il 23 febbraio 2024, al primo congresso di Forza Italia dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi: «C’è un grande spazio fra Meloni e Schlein, quello spazio abbiamo il dovere di occuparlo». Per un obiettivo: creare – o ricreare, rispolverando il sogno del Cavaliere – una «dimora dei moderati». Quella casa, mattone dopo mattone, transfuga dopo transfuga, non fa che crescere. E il successo alle elezioni regionali nelle Marche, con il sorpasso della Lega, assieme al trionfo in Calabria fanno alzare la testa agli azzurri, che con il loro segretario rivendicano di essere ormai «il secondo partito della coalizione di centrodestra», ma soprattutto la «casa» dei centristi di ogni colore.
I gruppi parlamentari si ingrossano
Parlano i numeri: Fi è il gruppo parlamentare cresciuto di più in questa legislatura, nonostante i regolamenti di Camera e Senato siano diventati più restrittivi rispetto al passato sui cambi di casacca. La campagna acquisti è stata massiccia soprattutto a Montecitorio, dove i deputati sono passati dai 44 originari ai 52 attuali. Ha cominciato Giuseppe Castiglione, in fuga da Azione di Carlo Calenda, seguito poco dopo da Enrico Costa e da Isabella De Monte (quest’ultima era stata eletta con Italia Viva, ma era transitata in Azione). Dal M5S di Giuseppe Conte sono arrivati alla Camera Giorgio Lovecchio e al Senato Antonio Trevisi. Alla Lega sono stati scippati due deputati: prima Davide Bellomo e poi il presidente della commissione Difesa, Nino Minardo, che era già passato al Misto. Ma i passaggi più “dolorosi” per le tensioni tra gli alleati sono stati quelli da Noi Moderati di Maurizio Lupi: il trasloco del deputato salernitano Pino Bicchielli ha comportato una valanga in Campania, dove hanno lasciato Nm per Fi i segretari provinciali di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno. Sempre da Noi Moderati ha fatto rientro in Fi la vicesindaca di Arezzo, Lucia Tanti.
Il ritorno di Silli e lo scontro frontale con Lupi
Soprattutto, è tornato in Forza Italia il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli. Un rientro di peso, perché vale una poltrona nel Governo. «Ricordo che il sottosegretario Silli è stato da me designato a rappresentare il nostro partito nel governo Meloni, designazione tanto più politica in quanto Silli non è parlamentare», ha tuonato Lupi. «Pertanto mi aspetto, in coerenza con la sua scelta, le immediate dimissioni da sottosegretario, per permettere al nostro partito di continuare a partecipare attivamente all’azione di governo con un nuovo rappresentante, in particolare nella politica estera». In zona esteri, va segnalato anche l’ingresso in Fi dell’ex viceministra pentastellata Emanuela Del Re. Tra i ritorni ufficiali, anche quello dell’ex ministro Claudio Scaloja.
Le mire sui cattolici
Non è un mistero che Tajani punti ad accreditarsi come il riferimento dei centristi di ogni schieramento, in particolare dei cattolici delusi e insofferenti alla gestione dem di Elly Schlein. Lo ha detto esplicitamente anche alla kermesse nazionale di Telese Terme, dove è stato presentato il nuovo Manifesto della Libertà: una versione 5.0 dei valori della tradizione azzurra, a partire da euroatlantismo e difesa delle «idee liberali, cristiane, riformiste». Con l’economia sociale di mercato come faro, l’«assoluta parità dei diritti per ogni essere umano» come convinzione, la riduzione della pressione fiscale come sempreverde e la giustizia «non vendetta, ma garanzia di libertà» come priorità. Una piattaforma costruita per attirare i moderati lontani dal nazionalismo di Giorgia Meloni, seppur “gentile”, e dagli eccessi antisistema della Lega di Matteo Salvini, con o senza Vannacci, ma anche i riformisti non più a loro agio dentro il campo largo. Non è un caso che il dialogo più proficuo corra con Calenda: le posizioni, in politica estera e in politica economica, sono spesso vicine.
La strategia condivisa con i figli del Cavaliere
Dietro la nuova Forza Italia – all’insegna del “rinnovamento” e dell’“apertura”, parole d’ordine come fu “cambiamento” ai tempi della discesa in campo di Berlusconi nel 1994 – c’è lo zampino dei figli del Cavaliere, Marina e Pier Silvio. Che da mesi, nei ripetuti incontri con Tajani, alla presenza di Gianni Letta, hanno contribuito a ridisegnare la linea lungo l’asse Roma-Cologno Monzese. Lo sguardo è alle elezioni politiche del 2027, dove gli azzurri sperano di tornare ai fasti del passato: il 20 per cento. Alla fine della tornata delle regionali, il 24 novembre, si tireranno le prime somme per capire quanto sia alla portata.
Fonte: Il Sole 24 Ore